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Martin Skrtel, quando Terminator arrivò ad Anfield

2 ' di letturaMartin Skrtel non è esattamente il tipo di giocatore che un attaccante vorrebbe ritrovarsi come avversario. Basta uno sguardo per fulminarti: quegli occhi di ghiaccio lo hanno trasformato in una vera e propria icona al Liverpool, la squadra che lo ha portato nel grande calcio europeo facendolo diventare uno dei suoi simboli.

E pensare che quando Rafa Benitez decise di puntare su di lui, erano in pochi quelli che avevano effettivamente sentito parlare bene del difensore slovacco, arrivato ad Anfield nel gennaio del 2008 per sostituire l’infortunato Agger. 6.5 milioni di sterline versati allo Zenit San Pietroburgo campione in carica in Russia, una cifra che lo trasformò nel difensore più pagato della storia dei Reds, davanti proprio al suo collega danese. Skrtel era ancora una scommessa per tutti e dalla sua parte aveva soltanto Benitez che non ha mai smesso di credere in lui. Poche parole, espressione da duro e fisico asciutto: bastava guardarlo da lontano per capire che le intenzioni dello slovacco in campo erano tutt’altro che amichevoli e che con i suoi 190 centimetri era capace davvero di combinare di tutto.

Non c’è da stupirsi quindi se per tutti i tifosi del Liverpool Skrtel divenne Terminator. Era un cyborg proprio come Arnold Schwarzenegger, una macchina perfetta programmata per fermare chiunque avesse osato passare per la sua zona. E faceva paura soprattutto perché in campo non si è mai risparmiato: calci, falli, entrate da killer, ma anche una passione smisurata per il gioco del calcio che lo ha trasformato subito in uno dei giocatori preferiti dal pubblico di Anfield, abituato ad esaltare e ammirare campioni dal carattere non proprio convenzionale. L’impatto con la sua nuova squadra fu talmente buono che lo slovacco si liberò subito del suo ruolo da sostituto. Un difensore così non poteva restare a lungo in panchina e a testimoniarlo furono le annate strepitose vissute con Kenny Dalglish in panchina, durante le quali venne addirittura nominato “Player of the Year”.

Un riconoscimento importante per lui che in realtà nella vita avrebbe voluto fare tutt’altro: la vocazione più grande da bambino era quella dell’hockey sul giaccio, ma poi per seguire le orme del padre passò al calcio dove si mise alla prova praticamente in ogni ruolo. Alla fine, a 16 anni compiuti, decise che avrebbe giocato in difesa. E fortunatamente la strada scelta fu quella giusta, per la gioia della sua famiglia e anche del Liverpool che se lo tenne stretto per otto lunghi anni. Il suo temperamento forte diede vita anche a striscioni memorabili, come quello apparso sulla Kop e che recitava “Martin Skrtel è così duro che ha chiesto un Big Mac a Burger King e ne ha ottenuto uno”, frase rimasta nella storia. Ma dietro la corazza da giocatore minaccioso si nascondeva un cuore grande che ancora oggi, dopo cinque anni dal commovente addio alla Premier League, batte ancora per i Reds.

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