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Quel sabato di Novembre in cui Edgar Davids insegnò il calcio agli inglesi

3 ' di letturaEdgar Davids non poteva lasciare indifferenti. Con quei capelli e i suoi occhiali unici, o lo si amava o lo si odiava. Van Gaal, il Re, non avrebbe potuto trovare per lui un soprannome più azzeccato: il Pitbull. 1 metro e 69 centimetri di pura potenza accompagnata da una tecnica rara. Affidabilità, grinta, forza e un piede sinistro particolarmente educato. Un centrocampista completo, il sogno di ogni allenatore. Un giocatore che buttava il sangue per la maglia ed era sempre pronto a gettarsi nella mischia.

Nella storia calcistica di Davids ci sono tanto Ajax, Milan, Inter, ma soprattutto tantissima Juve. Ed io, mediocre centrocampista di provincia, non potevo non adorarlo. Il Pitbull ha vinto tutto quello che c’era da vincere: campionati, coppe nazionali, supercoppe, coppa UEFA e coppa dei Campioni. È stato, per un decennio, uno dei centrocampisti più forti del panorama calcistico mondiale. È stato, soprattutto, uno dei pilastri degli Oranje. Una squadra meravigliosa, quella. Una squadra che, agli Europei del 2000 ospitati in casa, vide i propri sogni infrangersi in semifinale contro i guantoni magici di San Francesco Toldo da Padova. E anche lì Davids fu incredibile, tanto da meritarsi un posto nel “Team of the Tournament” dell’UEFA.

Che giocatore, il Pitbull. O lo si amava o lo si odiava. Lo hanno odiato al Milan, i senatori soprattutto. Costacurta lo definì pubblicamente “la mela marcia” dello spogliatoio. Lo hanno amato tutti, anzi adorato, a Torino. Lo adoravano Zizou e Montero in particolare, mica gli ultimi arrivati. Lo adoravano i tifosi e lo adorava, almeno all’inizio, Marcello Lippi. Il rapporto tra il tecnico viareggino e l’olandese d’acciaio è stato come una di quelle storie d’amore di una volta. Si sono venerati, odiati, poi ancora amati. Infine, dopo l’ennesima frizione tra i due, ormai ai margini del progetto, il Pitbull scelse di cambiare aria.

E, dopo un breve peregrinare tra Barcellona e Milano, sponda Inter, Davids approda ad White Hart Lane. Al Tottenham l’olandese rimane solo un anno e mezzo ma, anche qui, dimostra di che pasta è fatto. Gioca praticamente per intero la prima stagione e, come al solito, in campo dà tutto. Potenza e sprazzi di classe sopraffina. L’unico suo gol segnato con la maglia degli Spurs è da mostrare nelle scuole calcio: “Ragazzi questo è il grande Edgar Davids, imparate!”.

È il 26 Novembre ‘05, quattordicesima giornata. La matricola Wigan, al debutto assoluto in Premier, ospita al DW Stadium i ben più quotati Spurs. All’ottavo minuto, il Tottenham passa in vantaggio con Robbie Keane. La pratica sembra già chiusa ma, attenzione signori, il prezzo del biglietto viene ripagato davvero solo al minuto ’77, quando il Pitbull sale in cattedra e decide di dare lezioni di calcio agli inglesi. Robbie Keane, poco prima della propria metà campo, anticipa un difensore e appoggia a Davids. L’olandese salta un uomo con il primo controllo, fa 50 metri palla al piede, salta un secondo uomo e, appena entrato in area, lascia partire un missile in diagonale che non concede appello: 0 a 2, arrivederci e grazie. Inutile l’accorcio di McCulloc all’88. Ebbene signori, questo è stato Edgar Davids.

Quel Tottenham ottiene un dignitosissimo 5° posto, ma l’olandese non rimarrà a lungo. La nostalgia di casa è forte e, quando nel Gennaio ’07 i suoi lancieri chiamano, il Pitbull torna all’Ajax. L’esperienza inglese, però, non è veramente finita. Nel 2010, a 37 anni suonati, giunto ormai a fine carriera Edgar Davids decide di tornare a Londra: prima al Crystal Palace in Championship e, in seguito, in National League al Barnet, di cui diventerà giocatore-allenatore.

Anche nella City, per fortuna, hanno potuto ammirare il Pitbull…

 

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Giovanni Mastria
Nato a Lucca, classe 1991. Scrivo con passione di cultura, attualità, cronaca e sport e, nella vita di tutti i giorni, faccio l’Avvocato.

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