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venerdì 29 Marzo 2024
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Lucas Radebe, quella pallottola spuntata e le chiavi della difesa del Leeds

La storia del Ministro della difesa di Leeds.

5 ' di lettura“Mi dispiace ragazzo mio, devi lasciare casa tua e trasferirti in un luogo sicuro”. Immaginate se a proferire queste parole fosse vostra madre e voi aveste appena compiuto 15 anni. È un’età nella quale la consapevolezza di essere uomo affiora soltanto. Un’età in cui ciascun ragazzino ha il diritto di bramare una vita di successi, di immaginare il proprio futuro da sognatore, di guardare all’avvenire con ali di gabbiano, per volare alto nel cielo delle speranze, dei desideri. A Lucas Radebe, la vita nega categoricamente questa magnifica astrazione.

Perché se nasci nella township di Soweto, la più grande di tutto il Sudafrica, nel bel mezzo della stagione dell’apartheid, non c’è troppo spazio per aspettative di vita rosee. C’è piuttosto da camminare attenti, guardandosi attorno con paura e sospetto, per evitare di incorrere in pericoli e di rimanere vittime innocenti di episodi di violenza crudi, spietati, terribilmente all’ordine del giorno, figli di una ghettizzazione delle persone di colore che, deprivate dal regime di ogni diritto civile e politico e sfrattati dalle loro abitazioni, spesso si trovavano a vivere di espedienti o a subire ogni tipo di angherie da parte della “razza bianca”.

“Prepara le valigie Lucas, senza se e senza ma”, continua la madre con gli occhi colmi di lacrime, convinta che un gesto all’apparenza così crudo e spietato sia l’unica scappatoia da un destino tragico per il piccolo Lucas. Destinazione Bophuthatswana, il bantustan istituito dal governo sudafricano come riserva per l’etnia tswana.
Radebe mette in mostra le proprie qualità da calciatore sin dalla militanza nella squadra del sobborgo natio, il Diepkloof Leeds United (due parole a cui Lucas rimarrà per sempre legato). Approdato in nuovi lidi, il ragazzo non tarda nel farsi notare ed entra immediatamente nelle giovanili del ICL Birds.

È qui che Lucas inizia a vedere nel calcio una scappatoia da una realtà cruda, surreale. In questo momento il pallone che rotola su un prato verde rappresenta l’unico oggetto nel quale riporre le proprie speranze. Il piccolo Lucas, finalmente, si riappropria della capacità di sognare che gli era stata sottratta dal destino. La voglia di spiccare il volo lo spinge più in alto di tutti i suoi compagni; grazie alle qualità messe in mostra nel 1990 viene ingaggiato dal Kaiser Chiefs, club di punta nel panorama calcistico sudafricano.
Inizialmente il ruolo di Radebe non è chiaro, il giovane girerà un po’tutte le posizioni in campo. Osservatori e allenatori del club sono unanimemente d’accordo su un unico aspetto: quel ragazzo ha un talento innato per il gioco del calcio, e una voglia di stare sul campo da gioco che lo avrebbe portato molto lontano.
Nei Chiefs inizia come portiere, sì avete capito bene, poi viene impiegato come centrocampista, sino a trovare la sua collocazione naturale, quella di difensore centrale. E’ proprio in quel ruolo che Radebe può valorizzare al massimo i suoi 186 cm di muscoli e esplosività, facendosi notare anche fuori dai confini sudafricani e dal CT della nazionale del proprio paese.

Quando tutto sembra andare per il meglio, lungo una parabola ascendente, ecco che il passato torna a bussare forte alle porte della vita di Lucas. Non è un passato piacevole; è il passato che lo ha costretto ad abbandonare la sua casa, la sua famiglia, i suoi affetti: un passato che reca impresso il marchio della violenza. Corre il 1991, il crollo dell’apartheid è una grande conquista di civiltà; al contempo un evento dal simile portato socio-culturale scatena nelle città e nelle periferie il caos più completo, in special modo alcuni rigurgiti violenti che mirano a ottenere il potere politico.
Lucas, appena ventiduenne, sta camminando verso un negozio, quando viene raggiunto da una serie di colpi di pistola, uno dei quali entra nella schiena ed esce dalla coscia. Colto alla sprovvista, Radebe cade a terra, nei minuti che lo separano dai soccorsi non è tanto la paura di morire ad assalirlo, quanto l’incubo di non poter tornare a correre e a staccare di testa sui campi, il terrore di dover riporre tutti i sogni nel cassetto e tornare alla cruda realtà che aveva sperimentato da ragazzo.
Fortunatamente, giunto in ospedale, i medici appurano che il proiettile non ha leso alcun organo vitale: il ragazzo può in breve tempo tornare sui campi a dominare.

Nei successivi tre anni al Kaiser Chiefs colleziona 113 presenze mettendo a segno 5 reti. In realtà però ad attirare le sirene del calcio inglese non è tanto Radebe, quanto un suo compagno di squadra, Philemon Masinga. Il Leeds United acquista entrambe i calciatori per 250.000 sterline; Radebe ha la funzione di comprimario, deve soltanto favorire l’adattamento in terra inglese dell’amico e compagno Masinga. Non rappresenta un vero e proprio obiettivo di mercato per la squadra inglese, quanto piuttosto un sacrificio da fare, un peso da accollarsi, per far sbocciare il talento dell’attaccante sudafricano.

Non a caso l’avventura in Inghilterra non inizia nel migliore dei modi: il feeling con l’allenatore Howard Wilikinson non scatta, il tecnico non lo vede come un valido interprete dei suoi schemi di gioco, le panchine sono tante e i dissapori ancor di più.
La musica cambia quando a sedersi sulla panchina del Leeds è George Graham. Il neo tecnico dei Whites farà di Radebe il pilastro attorno cui costruire la difesa. Il talentuoso difensore trova in Graham un tecnico pronto a scommettere sulle sue capacità, e ciò non può che galvanizzare uno come Radebe e farlo salire in cattedra. Da quel momento in poi le chiavi della difesa del Leeds saranno sue, per ben undici anni, e dal 1998, sua sarà anche la fascia di capitano.
Da comprimario a condottiero, l’ascesa di Radebe rappresenta in tutto e per tutto la storia di chi nasce col destino contro ma, lottando, riesce a sovvertirlo, a prenderlo a pugni, a schivarne le pallottole letali.
Tutta Inghilterra ammira la possanza fisica, la corsa esplosiva, lo stacco imperioso e la rapidità di Radebe, an “iconic wall”, nell’immaginario collettivo inglese. Un difensore semplicemente completo, che fa delle chiusure in tackle e del tempismo negli interventi i suoi punti di forza.

Con la maglia del Leeds ottiene da capitano il quarto posto nella stagione ’98-99 ed un terzo posto nella Premier League 99’-’00. Solo un grave infortunio alla gamba, che lo terrà lontano dai campi da gioco per quasi due anni, gli impedirà di far parte di quel Leeds dei miracoli che raggiunse la semifinale di Champions.

Tormentato dagli infortuni, nel 2005 Radebe decide di appendere gli scarpini al chiodo, senza aver mai lasciato Leeds, dopo aver rifiutato le proposte di club importanti come lo United e il Milan. La motivazione della scelta del sudafricano è scritta nella storia della sua vita: Radebe in quel di Leeds ha ritrovato una casa, un popolo che lo ama e lo rispetta. Dopo essere stato costretto dal destino a scappare di casa una volta, non se ne sarebbe mai andato via di nuovo.

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