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Hackney Marshes, dove football vuol dire tutt’altra cosa

6 ' di letturaIl 27 aprile 2020 ĆØ un giorno triste come molti del mese appena passato in Gran Bretagna. Solo il 23 marzo Boris Johnson ha dichiarato l’entrata del paese in lockdown per provare a gestire gli effetti della pandemia di COVID-19, con risultati difficilmente definibili ottimali. Il bollettino rilasciato ogni ventiquattro ore dal National Health Service racconta una situazione terribile, con centinaia di morti e migliaia di nuovi contagi.

Il 27 aprile diventa di colpo peggiore per tantissimi londinesi. Tra le 909 vittime del virus compare infatti anche un dipendente della stessa NHS, il signor Jermaine Wright. Mister Wright era un tecnico di farmacia, per voler cercare una traduzione in italiano di un lavoro che non esiste dalle nostre parti. Era una persona che aveva conoscenza precisa dei farmaci e delle conseguenze del loro utilizzo, e lavorava con chi doveva assumerli. Aiutava i pazienti in chemioterapia cosƬ come assisteva i bambini nati prematuri.

Quest’uomo dal sorriso sempre pronto ad affiorare, dalla parlata veloce, e dalla generositĆ  senza confini era perĆ² piĆ¹ conosciuto per un’altra grande passione, il football. Non quello di Premier League, quel mondo patinato e scintillante stragonfio di soldi, cosƬ lontano dalle persone comuni con cui lavorava e lottava insieme ogni giorno. Jermaine Wright infatti era motore e anima dell’Hackney Marshes Centre, l’ultimo santuario del calcio popolare e amatoriale nella parte est di Londra. Un luogo dove non ĆØ mai importato a nessuno chi sei, che lavoro fai, da dove provieni, quanto ti pagano alla fine del mese. L’unica cosa che conta ĆØ aver voglia di giocare e di stare insieme agli altri.

Le paludi del fiume Lea

Le Hackney Marshes un tempo erano esattamente ciĆ² che il nome ancora racconta, delle terre paludose rese cosƬ dal passaggio del fiume Lea. Nessuno a Londra aveva mai avuto possibilitĆ  e voglia di costruirci qualcosa sopra, troppe volte quel grosso affluente del Tamigi era capace di superare gli argini e allargarsi su quella enorme distesa di verde che sembra non finire mai. 136 ettari per la precisione, erosi sempre di piĆ¹ durante gli anni. Un enorme macchia verde in una mappa di Londra sempre piĆ¹ caratterizzata dal grigiore dei palazzi e delle industrie.

Le paludi perĆ² son sempre riuscite a rimanere “common lands”, terre di utilizzo comunitario e gestite dallo London Council. Nel 1700 era zona di pascolo, divisa in 38 strisce ben delineate. Il secolo successivo, grazie alla rivoluzione industriale, le grandi mandrie di bestiame pian piano scompaiono per far posto ai pescatori alla ricerca delle grandi trote e lucci del Lea. Lungo il corso del fiume sorgono isolate piccole locande a gestione familiare, che accolgono i naviganti immersi tra la nebbia bassa dell’acquitrino. La zona ĆØ talmente isolata, nonostante i villaggi fuori Londra siano a poche miglia, che molti criminali senza speranza si avventurano nella zona per cercare riparo dalla polizia, consci che neanche i piĆ¹ ligi al dovere osano avventurarsi nella palude.

La fine del 1800 vede la nascita dell’association football, e da lƬ la ricerca di terreni dove ĆØ possibile giocare. I progressi della tecnica stabilizzano sempre di piĆ¹ il terreno delle Hackney Marshes, che cosƬ diventano terreno appetibile. Ma i sempre costanti allagamenti non rendono possibile l’idea di costruirci sopra , cosƬ le paludi del Lea non rientrano nel mirino dei palazzinari e rimangono common lands. Gli infiniti prati verdi sono affittati alla gente comune, a un canone onesto gestito dallo Stato, che si inizia a organizzare le prime squadre dell’est di Londra.

Grassroot football e Sunday League

La storia delle paludi piĆ¹ grandi della cittĆ  cambia definitivamente durante il Blitz, i bombardamenti a tappeto dell’aviazione nazista durante lunga parte della Seconda Guerra Mondiale. Come misura d’emergenza per gestire l’esorbitante quantitĆ  di macerie presenti per le strade, le autoritĆ  decidono di utilizzare le Marshes come una sorta di discarica. Ci buttano dentro tutti i detriti che possono. Vinta la guerra, la risposta alla domanda “Adesso cosa ci facciamo con tutta sta roba?!” ĆØ semplice: viene usata come base per assestare definitivamente la zona.

Le Hackney Marshes finalmente sono “bonificate”, ma ormai sono diventate un punto di ritrovo fondamentale del calcio londinese. Ormai il professionismo ĆØ quasi diventato tutto un altro sport, sono finiti i tempi in cui squadre amatoriali come il Corinthian FC impartivano sonore lezioni ai blasonati club della Football Association, ma ĆØ qui che cresce e fiorisce un movimento che dĆ  tutt’altro significato al football. Un modo di vivere il calcio piĆ¹ umile, associativo nel vero senso del termine, riassunto in due concetti: “grassroot football” e “Sunday League”.

Grassroot ĆØ un’altra parola di cui non esiste una corrispondenza diretta. DĆ  perĆ² l’idea di spontaneitĆ , di crescita dal basso, dalle radici della societĆ . L’obiettivo non ĆØ quello di vincere a ogni costo, di guadagnare qualcosa di diverso dalla gloria e dal piacere personale di conoscere persone, farci amicizia, stare insieme per qualche ora. Non servono necessariamente 22 giocatori, anzi: si puĆ² giocare 4 contro 4, 5 contro 5, 7 contro 7. Il protagonismo non ĆØ visto bene, tanto che in alcune versioni del gioco il pallone si puĆ² toccare solo per un numero limitato di volte. Le fasce d’etĆ  sono essenziali, si gioca il piĆ¹ equamente possibile: dagli 8 ai 10, dai 12 ai 14, e cosƬ via.

La Sunday League ĆØ il culmine di tutto questo movimento. Un’intera lega, che si gioca il giorno dopo quello tradizionalmente dedicato al calcio professionistico. Decine e decine di squadre, amatoriali in tutto e per tutto, spesso sostenuto dal pub sotto casa che fornisce i soldi per divise e iscrizione e cosƬ si vede undici persone andare quasi ogni giorno a bere e mangiare lƬ. La Sunday League ĆØ un luogo di ritrovo prima che un campionato, dove nessuno crea problemi per sciocchezze. Negli anni ’70, mentre il Regno Unito ĆØ diviso anche da spaccature a sfondo razziale, nella lega sono presenti squadre composte interamente da neri, caraibici provenienti dal Commonwealth, italiani o irlandesi. E nessuno ha nulla da ridire.

Viva Jermaine Wright

Negli anni ’60 Hackney Marshes arriva ad ospitare piĆ¹ di 100 campi regolamentari di football. Uno di fianco l’altro, uno dietro l’altro. Vista dall’alto ĆØ un’enorme scacchiera irregolare, dove piccole formiche si muovono erraticamente incastonate nella loro piccola casella. Sul campo, le scene che si vedono hanno a che fare con il vero calcio. Se la palla va in fallo laterale, vuol dire che probabilmente ĆØ finita in un altro campo dove si sta disputando un match in contemporanea. Non ĆØ un problema, il pallone torna indietro subito. Un po’ come ci succedeva da bambini, quando si giocava nei nostri prati o per la via e ci sfuggiva il controllo.

Purtroppo perĆ² il mondo, dello sport e non solo, ĆØ sempre piĆ¹ evoluto ponendo l’attenzione su concetti totalmente diversi da quello che dovrebbe essere un gioco. Di associativo c’ĆØ rimasto poco. Hackney Marshes deve lottare per trovare mezzi di sostentamento, e difendersi da tutti quei poteri economici che sono ormai interessati a quell’enorme appezzamento di terreno. Qui entrano in gioco figure come quella di Jermaine Wright, che tutti chiamavano “Mr. Hackney Marshes”.

ƈ stato lui a gestire per anni il complesso, entrandoci prima da giocatore e poi da dirigente e arbitro. Faceva le designazioni, pagava chi di dovere, organizzava il campionato, riparava le porte, tagliava il prato. Un lavoro per cui non puoi mai avere la luna storta, sempre a contatto con le centinaia di giocatori che ogni giorno passava dai campi della vecchia palude. E dopo un turno completo alla NHS, Jermaine portava il suo sorrisone alle Marshes, riconosciuto e apprezzato da tutti.

Personaggi come Jermaine Wright sono l’icona di un altro tipo di calcio, ma anche di un modo di vivere diverso. La Premier League ĆØ fantastica, accoglie i migliori giocatori del mondo, ĆØ il campionato piĆ¹ spettacolare del mondo. Ma non pensate che abbia perso qualcosa? Che sia sempre piĆ¹ lontano dalla dimensione sportiva e soprattutto umana di tutti noi poveri mortali? Non ĆØ forse vero che un tempo era popolata sƬ di grandi campioni, ma anche di gente comune che si faceva un mazzo cosƬ ed era acclamata proprio per questo motivo?

Forse ĆØ giusto sia cosƬ, d’altra parte loro sono i piĆ¹ forti del pianeta. Le Hackney Marshes perĆ² dimostrano che puĆ² esistere un altro modo di intendere il football. Associativo, di comunione e gioia, totalmente slegato al successo sportivo ed economico del singolo. Un calcio, detto in una sola e potente parola, piĆ¹ felice.

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