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Gascoigne e i fantasmi dietro la maschera da clown: il lato oscuro di Gazza

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Gascoigne il buffone, Gascoigne l’estroso, Gascoigne l’eterno bambino, Gascoigne l’autodistruttivo. Tante definizioni per un solo uomo, e altrettante sarebbero adatte per descriverlo. Tutte adeguate, per carità, ma nessuna sufficiente da sola per mettere veramente a fuoco il personaggio, talmente complesso e irripetibile da risultare impossibile da ingabbiare dentro i paletti di una qualunque etichetta.

Una persona che si possa definire “normale” o convenzionale non fa i propri bisogni dentro i calzini dei compagni; non si denuda in pullman con la squadra approfittando del buio di una galleria; non entra in piena notte in casa di un compagno per farsi un panino. Qualcuno potrebbe inserire Gascoigne nella schiera dei vari Paul Merson, Tony Adams e compagnia: quei calciatori talentuosi che per vari motivi durante la loro carriera hanno stretto un rapporto troppo intimo con la bottiglia.

In parte giusto. Ma Gascoigne è stato molto più che un semplice alcolizzato. E’ stato un giullare, uno showman, un clown. Il compositore Ruggero Leoncavallo, con la sua opera Pagliacci fa capire molto bene come dietro il cerone e il trucco grottesco si nasconda quasi sempre un uomo dilaniato da tristezza e angoscia.

“Vesti la giubba e la faccia infarina. La gente vuole ridere qua”

Così canta Canio, il protagonista dell’opera lirica mentre si prepara ad andare in scena subito dopo aver scoperto il tradimento della moglie Nedda.

Ma cosa si nasconde allora dietro la maschera di Gascoigne? I fantasmi che hanno tormentato l’esistenza del talentuoso ex centrocampista risiedono nella sua infanzia, nascono da un evento tragico e si sono alimentati delle debolezze di Gazza. Paul John nasce col doppio nome in onore di McCartney e Lennon, i due leader dei Beatles, che la madre Carol amava molto. E se dovessimo scegliere una canzone dei fab four come colonna sonora ideale per questo articolo, questa sarebbe senza alcun dubbio Help.

Il piccolo Paul è un bambino estremamente vivace, che mostra talento in vari sport: basket, tennis e badminton su tutti, nei quali riesce a vincere alcuni trofei a livello giovanile. Un giorno una zingara legge la mano alla madre, e le annuncia che uno dei suoi figli diventerà famoso grazie ai propri piedi. La signora Carol subito pensa alla figlia Anna, bravissima ballerina. Ma dopo pochi anni sarà ben chiaro a tutti che i piedi baciati dalla fortuna sono quelli del piccolo Paul, che gioca a pallone in strada cercando di imitare Cruijff.

Il calcio ha rappresentato la salvezza per Gascoigne, è stato ciò che letteralmente lo ha spinto a continuare a vivere. Non è un caso che il periodo più buio della sua vita sia cominciato proprio dopo aver chiuso la carriera da calciatore. Ma veniamo ai fantasmi di cui sopra. Ebbene, i fantasmi di Gazza nascono quando lui ha appena 10 anni. Un pomeriggio, come molte altre volte, è in giro a divertirsi con il suo amico Keith, a cercare di rubare le caramelle in un negozio. Quel giorno, i due amici portano in giro con loro il piccolo Steven, due anni più piccolo e fratello minore di Keith. E’ proprio Paul a convincere la madre del bambino: “Tranquilla signora Spraggon, a Steven bado io”. Sfortuna vuole che in un momento di distrazione, il bambino attraversi la strada in modo avventato, venga travolto da un furgone dei gelati e perda la vita.

Per Gascoigne è l’inizio della discesa negli inferi. “Era il primo corpo morto che avessi mai visto, e sentivo che fosse colpa mia. Avevo detto che avrei badato a lui, ma non lo feci.” Dopo quel brutto fatto, Paul inizia a soffrire di alcuni tic, e viene assalito da manie di tipo ossessivo compulsivo: deve toccare gli oggetti un determinato numero di volte, accendere e spegnere la luce, aprire e chiudere la porta. Ma non è finita qua. Tempo dopo Gascoigne vede morire un altro amico, a causa di un incidente in cantiere. Contestualmente il padre inizia a soffrire di Convulsioni. Le cose per Paul cominciano ad andare meglio nell’adoloscenza, quando il calcio assume un ruolo importante nella sua vita. All’età di 13 anni un osservatore del Newcastle lo nota in una partitella dei Gateshead Boys e lo porta nelle giovanili delle Magpies.

“Non avevo spasmi, né mi preoccupavo della morte quando giocavo a calcio”

Non per questo smette però di mettersi nei guai. Tutt’altro. Come quando insieme all’amico Jimmy Gardner finisce davanti a un giudice per un incidente stradale. O come nel periodo che viene sopraffatto dalla ludopatia per le macchine da gioco. Tuttavia la carriera calcistica di Gascoigne prosegue sui binari giusti. Nel 1985 vince da capitano la FA Youth Cup, e arriva così la chiamata in prima squadra.

Oltre al calcio, altra grande passione del giovane Paul è quella per il cibo spazzatura: dolciumi, panini, bibite gassate, qualsiasi cosa fritta. Tutto questo comporterà un serio problema legato alla forma fisica di Gazza, che vedrà sempre nella bilancia un acerrimo nemico. Un aneddoto su tutti. Un giorno il manager del Newcastle Jack Charlton gli accarezza la pancia affermando: “Ho sentito dire che ci sono delle qualità sotto quella ciccia. Hai due settimane per perderla”. Gascoigne esce dall’ufficio piangendo, ma deciso nel voler raggiungere il suo obiettivo. In quei giorni rinuncia al junk food, e corre avvolto in un sacco della spazzatura tenuto sotto la maglia, per sudare di più.

Ecco però che un bel giorno la morte torna a bussare alla porta di Gascoigne. Quando è ormai un giocatore professionista, partecipa a una campagna per incoraggiare gli asmatici a giocare a calcio in sicurezza. Un cuginetto asmatico allora gli telefona, e gli chiede se anche lui possa giocare a calcio. Gazza risponde di sì, purché ricordi di portare sempre con sé il suo inalatore. Ecco, succede che un giorno quel ragazzino vada a giocare ma dimentichi l’inalatore a casa. La crisi respiratoria che lo colpisce non gli lascia scampo e lo strappa alla vita.

“Da quel giorno in cui Steven si buttò di corsa in quella strada sono stato circondato da giovani persone morenti; decessi di cui sono parzialmente responsabile. Perché sono morti loro e non io? Forse sarei stato il prossimo”

La chiave di lettura per comprendere l’aspetto autodistruttivo di Gascoigne probabilmente risiede tutta in queste parole. Le cose si complicano ulteriormente dopo i mondiali di Italia 90. Il centrocampista risulta come uno dei giocatori migliori del torneo, e con le sue giocate contribuisce a portare l’Inghilterra fino alle semifinali. Dopo il mondiale, scoppia la gazzamania: tutti lo vogliono, tutti lo cercano, per citare ancora una volta la lirica (Il Barbiere di Siviglia, di Gioacchino Rossini). I tabloid non lo mollano più, e arrivano anche ad inventare fantomatiche storie sulle sue bravate notturne (qualcosa di vero c’è, chiaro). In quel periodo Gascoigne è un giocatore del Tottenham, e per lui uscire di casa a Londra diventa impossibile. E’ proprio in questo contesto che trova rifugio nella bottiglia, che l’alcol diventa l’unica via di fuga.

Mi piacciono gli hotel così come gli ospedali. Del resto, ho passato anni della mia vita in hotel e ospedali. È per quella sensazione di essere accuditi, per il comfort… Suppongo che è parte del mio desiderio di fuggire…

Gascoigne ha sempre preferito vivere in albergo, piuttosto che in casa. Per sentirsi accudito, per fuggire, come dice lui. E proprio per sottolineare questa sua incredibile fragilità, vogliamo chiudere con un’ultima immagine molto forte. Torniamo ai mondiali del 1990, siamo ai supplementari della semifinale fra Inghilterra e Germania. Gazza viene ammonito, è diffidato e dovrà saltare per squalifica l’eventuale finale. E qua vediamo un ulteriore aspetto del Gascoigne eterno bambino, che non vuole o forse non può crescere: l’incapacità a trattenere le lacrime nei momenti di difficoltà. Terminati in parità anche i tempi supplementari, la contesa con i tedeschi sarà decisa ai calci di rigore. Il numero 19 dei Tre Leoni è uno dei 5 prescelti dal coach Bobby Robson per calciare dagli 11 metri, ma Gascoigne non se la sente. Troppo insostenibile la disperazione per essere incappato nella diffida. Il centrocampista ha il volto paonazzo, ed è in preda a un pianto incontenibile. Le parole del suo allenatore per cercare di calmarlo sono estremamente dolci: “Sei stato uno dei migliori giocatori del torneo, non preoccuparti figliolo. Sei stato assolutamente magnifico. Hai tutta la vita davanti a te, non preoccuparti”.

Leggi anche Gascoigne e le sue follie: quando Gazza sparò alla statua del Tottenham

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