È il 1857 quando Peter Rolt, membro di una longeva famiglia di costruttori navali, prende il timone della C.J. Mare & Company e decide di farsi promotore di un’operazione a dir poco avanguardista per i tempi: fondersi con la Thames Ironworks Sand Shipbuilding Co. Ltd, una delle aziende leader nella costruzione di imbarcazioni sulla sponda del Tamigi, che aveva fatto del suo core business la produzione di navi da guerra, strappando alla concorrenza un contratto di fornitura verso niente meno che la Royal Navy. A metà anni ’80 è un’altra figura di grande spessore umano e imprenditoriale a fare ingresso nel cda aziendale: si tratta di Arnold Hills, personalità culturalmente un passo avanti, fermamente convinto che un ottimo livello produttivo dovesse necessariamente passare per il benessere fisico e mentale del ceto operaio. Motivo per cui decise di accogliere la richiesta di fondare una piccola compagine calcistica per allietare le intense giornate di lavoro. Del resto come avrebbe potuto dire di no, proprio Hills, che aveva un glorioso passato nelle fila dell’Oxford F.C.
Siamo nel 1895: nasce dunque il Thames Ironworks Football Club, dall’omonima carpenteria navale. Nel 1896 gli Irons partono dalla London League, trionfando per la prima volta nell’annata 1897-98. Nel 1898 la società si iscrive alla Second Division della Southern League, diventando finalmente un club professionistico e riuscendo addirittura nell’impresa di vincere il torneo al primo tentativo. Il primissimo logo dei fabbri del Tamigi vedeva campeggiare al centro un’enorme bandiera britannica, al di sopra della quale si stagliava l’iscrizione “T.I.W.”, mentre al di sotto figurava la sigla “F.C.”
Nel 1900, quando il club divenne una società a responsabilità limitata, il Thames Ironworks cambiò il suo nome in quello che ancora oggi tutti conosciamo come West Ham United F.C. Quella del West Ham è una storia affascinante, ricca di cambiamenti e sofferenze, ma due sono gli elementi rimasti immanenti nel tempo (o quasi): i martelli incrociati e l’effigie di un antico castello. Non abbiamo una conferma ufficiale circa il giorno in cui i più antichi utensili da lavoro del mondo siano diventati simbolo inconfondibile del West Ham e della sua comunità di vita e di tifo. Forse perché lo sono stati da sempre. Ad ogni modo, la prima pubblicazione dello stemma raffigurante i segni distintivi di un’epopea culturale e calcistica risale ad un’amichevole del 1910-1911.
L’immagine della fortezza comparve per la prima volta nel “pre-match program” della stagione 1921-1922, ma fu un evento episodico. Ad occupare la scena nel logo della compagine furono unicamente i due “crossed-hammers”, per lo meno sino al 1964. Quell’anno, in occasione della finale di FA CUP, il board societario decise di rivisitare lo stemma, dando vita alla rappresentazione destinata a rimanere fissata nell’immaginario collettivo in eterno. Come già detto, i martelli incrociati risultano essere un retaggio delle profonde radici operaie, mentre, per quanto riguarda il castello, ci sono svariate ipotesi che ne giustificano l’apparizione. La prima e più accreditata lo identifica con un’importante costruzione locale, la Green Street House, popolarmente conosciuta come “Boleyn Castle” poiché associata alla famigerata Anna Bolena, per amore della quale Enrico VIII proclamò lo scisma anglicano. Più che di un castello, in realtà, si trattava di una casa molto particolare, che si era guadagnata l’improprio appellativo di “Boleyn Castle” sia per la presenza di due torrette che dominavano la struttura, che per il soggiorno della seconda moglie del sovrano. L’impianto di gioco degli Hammers fu costruito proprio di fianco alla misteriosa ed affascinante abitazione, di qui l’epiteto di “Boleyn Ground”. Un’altra ipotesi, decisamente minoritaria ma altrettanto suggestiva, narra che l’apparizione del castello nello stemma del club sia dovuto all’adozione (nel 1904) del Boleyn Castle FC, una minuscola compagine locale alla quale fu sottratto il proprio terreno proprio da parte dei fabbri del Tamigi.
Un altro interessantissimo dettaglio dello stemma degli Hammers, sinora trascurato, è la sua forma a scudo. I romantici asseriscono infatti che la sua forma non sia altro che un nobile richiamo alla sezione di una della Warrior, una delle più prestifgiose fregate della Royal British Navy, fiore all’occhiello della Thames Ironwork, fabbricata nel 1860 circa.
Lungo le decadi successive, lo stemma ha conosciuto molti cambiamenti nei particolari, senza però mai intaccare i due concetti chiave: martelli e fortezza. Questo per lo meno sino agli anni ’90, quando la Springett Associates, un’enorme design company londinese, fu incaricata di mettere pesantemente mano al logo, con l’obiettivo di rivisitarlo in chiave moderna, senza preoccuparsi di creare scalpore all’interno della fan base. Così, il castello fu colorato di un giallo acceso, in una grafia più ampia e marcata, con delle notevoli feritoie cruciformi e la sparizione del sempre presente “tetto triangolare” sopra le due torri. I grafici optarono anche per cambiare la forma dei martelli, ed altri piccoli dettagli, sempre al fine di dare al logo maggior solidità.
L’ultima grande rivoluzione è di recentissima data. A partire dal 2016, infatti, dallo stemma degli Hammers è sparito il leggendario “Boleyn Castle”. Questo perché il board del West Ham, dopo 112 lunghi anni, ha deciso di cambiare dimora. Scelta dolorosa e al tempo stesso da molti contestata: ma il nuovo che avanza ha travolto il romanticismo che frena. L’ipermoderno London Stadium sorge a 4 km ad Ovest rispetto al sito del vecchio impianto. Boleyn Ground è stato demolito, ma non dalla mente dei tifosi. Quello spazio figura vuoto soltanto per chi non avverte nell’aria l’odore del ricordo di migliaia di imprese, di strenue battaglie, del fascino di una travagliata storia d’amore. Il Castello sarà anche stato distrutto, rimosso dallo stemma con un tratto di penna, ma i martelli incrociati continueranno a scolpire pagine memorabili nella storia di questo sport e, soprattutto, nel cuore dei loro meravigliosi tifosi.
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