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giovedì 25 Aprile 2024
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Blyth for the Cup

7 ' di letturaSeaton Delaval Hall è un elegante dimora in barocco inglese costruita nella straordinaria bellezza della campagna del Northumberland. Da Blyth, seguendo la costa e rientrando verso l’interno nell’ultimo tratto di strada, si contano approssimativamente quattro miglia. La villa fu progettata da Sir John Vanbrugh nel 1718 su commissione dell’ammiraglio George Delaval e oggi, decadute le ultime genealogie di famiglia, è diventata proprietà del National Trust. L’edificio ha avuto vicende avverse. Né architetto, né patrono, vissero abbastanza a lungo da vederne il suo completamento. E naturalmente come tutte le abitazioni britanniche incappate in qualche forma di disgrazia è fornita del suo fantasma: la figlia primogenita di Delaval, che appare nelle vesti di dama bianca e il cui riflesso etereo, sconvolto da un amore proibito, compare ad una delle finestre del primo piano dell’edificio dalle quali la vista impatta subito sulla composizione marmorea raffigurante una delle più famose scene bibliche. Si tratta di una leggera, delicata figura di Davide, lievemente in bilico sopra la forma accovacciata di Golia, il quale stringe i pollici dentro le mani seguendo un’antica precauzione scaramantica tipica di questa contea contro la stregoneria.

Ho trovato l’incipit accattivante. Perché in effetti la mattina del 17 febbraio 1978 gli abitanti di Blyth, cittadina portuale adagiata sulla riva sinistra del fiume omonimo, aprendo le pagine del Daily Mirror trovarono all’interno, insieme alla pubblicità che invitava a comprare al “modico” prezzo di 175 sterline la nuova automobile Marina Morris prodotta dalla British Leyland Motors, una bella foto della loro squadra di calcio che si apprestava a giocare il replay del quarto turno di FA Cup contro il decisamente più forte e competitivo Wrexham. L’importanza dell’evento fu tale che la società chiese e ottenne dai vicini del Newcastle, l’opportunità di disputare la sfida, invece che nel piccolo e delizioso Croft Park, nel capiente St. James’ i cui 40000 e passa biglietti a disposizione andarono rapidamente esauriti lasciando moltissimi tifosi a mani vuote. Addirittura, molto prima del calcio d’inizio, i tornelli si chiusero uno ad uno causando un crescente e nervoso girovagare di persone alla ricerca di una remota possibilità di ottenere l’ingresso. Davvero incredibile, se si considera che nell’ultimo match interno disputato contro l’Ipswich Town, il Newcastle stesso era stato visto da appena 22000 tifosi. Insomma, inutile girarci intorno, il fascino della FA Cup di quel periodo era davvero eccezionale, qualunque partita si presentasse sul tabellone.

Il Blyth Spartans venne fondato nel settembre del 1899. Il merito va ricercato in Mister Fred Stoker, divenuto medico piuttosto famoso che successivamente aprì uno studio a Londra in Harley Street, mentre l’impianto di Croft Park sarà aperto per gentile concessione di una certa signora Clarke proprietaria dei terreni attorno al Castello di Bellister. Il 1 settembre del 1909 si svolse la prima gara amichevole proprio contro il Newcastle United, terminata con un onorevole sconfitta per 4-2. Stoker, il segretario del club, suggerì di associare al nome della cittadina il battagliero suffisso “Spartans”, ritenendo che ciò potesse influire positivamente sulla grinta e la determinazione dei suoi giocatori mutuando sul campo le epiche imprese degli antichi soldati di Leonida.

Chi erano esattamente questi del Blyth Spartans che nel caso avessero battuto il Wrexham sarebbero finiti a giocarsi i quarti di finale contro l’Arsenal? Molto semplicemente gente comune: minatori, insegnanti, imbianchini e decoratori, che lavorando part-time potevano dedicarsi a tempo debito a calciare un pallone sotto la guida di una coppia di allenatori che a prima vista avrebbero dato l’impressione di essere stati strappati a forza dal primo pub lungo la strada e gettati su un rettangolo verde a tentare di insegnare calcio: Brian Slane e Jackie Marks.

Un po’ di facile retorica d’altra parte occorre farla. Non tanto per esaltare i contrasti che rendono unico questo torneo ma per farci veramente un’idea su chi scese in campo con l’accattivante maglia a strisce verticali biancoverdi con numero rosso cucito sulle spalle e pantaloncini neri, in un accostamento cromatico certamente di grande effetto. Nel gruppo degli Spartans, a dirla tutta, c’era anche un tipo che la FA Cup l’aveva vinta sul serio. Si trattava del terzino Ron Guthrie, che nel 1973 giocando con il Sunderland era riuscito nell’impresa di battere il Leeds United di Don Revie a Wembley. Ron ovviamente faceva un po’ la chioccia della squadra, soprattutto a un ragazzino di discreto talento di nome Steve Carney detto “the child” per via della tenera età. La sorpresa arrivò in trasferta nel quarto turno al Victoria Ground contro lo Stoke City.

Si trattò di un bruttissimo inverno quello per l’Inghilterra. Alla villa di Seaton nei saloni immensi e nebbiosi, tra monumentali tele settecentesche, nel greve silenzio della malinconia e della rassegnazione, qualcuno vide il fantasma di Lady Delaval acconciata come in un ritratto di Thomas Gainsborough firmare tediosi mandati di pagamento. Pioggia e freddo flagellarano il paese da nord a sud, e il calcio invariabilmente né subì le conseguenze. La partita con i Potters fu rinviata un paio di volte e anche il giorno in cui tutto sembrava dover filare liscio a livello meteorologico, molti tifosi degli Spartans rinunciarono alla trasferta per timore del maltempo. Lo Stoke City in ogni caso rappresentò il primo autentico scoglio di grande levatura che i ragazzi di Slane affronteranno nel loro cammino. Gli incontri precedenti contro Chesterfield e Enfield non erano state pratiche affatto semplici, tuttavia il City faceva impressione ben diversa. I vasai allenati da Alan Durban sei anni prima si erano portati nello Staffordshire una Coppa di Lega e adesso contavano su tipi poco raccomandabili del calibro di Howard Kendall, Terry Conroy, Alec Lindsay, Viv Busby e un giovanissimo Garth Crooks.

Evidentemente quella statua di Davide che uccide Golia non troppo lontana da Blyth portò bene. Gli “Spartani” andranno in vantaggio dopo qualche minuto con Terry Johnson che mise dentro concretizzando al meglio una splendida mezza rovesciata. Ciò nonostante, la marcatura apparve un fuoco di paglia: due gol dello Stoke in rapida successione sembravano aver ristabilito le giuste gerarchie e chiuso il discorso. A dieci minuti dalla fine però, Ron Guthrie tracciò una punizione che sfuggì ai radar biancorossi pescando Steve Carney nel posto giusto al momento giusto per mettere in rete il pallone. Incredibile. Ma ancora più inverosimile e memorabile sarà quello che successe nell’ultimo giro di lancette, allorché sugli effetti di un calcio d’angolo ancora lo scatenato Johnson realizzerà il goal decisivo valido per il 2-3 finale che permise al Blyth Spartans di compiere l’impresa e accedere sorprendentemente al quinto turno dove avrebbero incrociato il Wrexham.

Il sorteggio disse che il 18 febbraio 1978 si sarebbe giocato in Galles al Racecourse Ground. Stavolta la giornata si presentò fresca e soleggiata. Il pubblico di Blyth accorse in massa, talmente in tanti che all’uscita dagli spogliatoi la squadra esibirà uno striscione di ringraziamento per il loro caloroso sostegno. Il Wrexham dei vari Shinton, Mc Neil e Cartwright, porrà subito d’assedio la porta di Dave Clarke, attentissimo dentro la sua brillante maglia blu senza numero sulla schiena. “Eddie” John Alder piccolo, nerboruto, e permanentemente calvo centrocampista del Blyth, cercò di fare diga alle incursioni avversarie, coadiuvato dal capitano John Waterson e dal centrale Ronnie Scott.

Un autentico colpo di fortuna (o demerito altrui) arrivò quando il terzino destro del Wrexham, Alan Hill, appoggerà in apparente tranquillità il pallone verso il proprio portiere, non accorgendosi che in agguato, nell’angolo morto, bazzicava il rapidissimo e baffuto Terry Johnson, il quale si avventò sulla sfera, infilando l’estremo difensore dei padroni di casa sotto il lato dello stadio riservato ai sostenitori colorati di biancoverde in preda ad allucinogeno trip per l’inaspettato vantaggio. All’intervallo quelli di Blyth erano avanti al Racecourse per 1-0. Ma nel secondo tempo, gli dei del calcio o magari dell’Olimpo, puniranno gli spartani. Una bizza divina tipica di una tragedia Omerica. Il fatto risulta talmente melodrammatico da essere rimasto negli annali della competizione come una specie di destino malevolo che per forza volle punire la troppa ambizione della squadra della riviera del Northumberland.

Il Wrexham conquistò un calcio d’angolo. Alla bandierina del corner giunse trafelato Mel Sutton per recapitare la palla più avvelenata possibile al mucchio stipato nei pressi della porta. Nel momento esatto in cui stava per prendere la rincorsa e colpire il pallone, la terra dove era conficcata la bandierina ebbe un piccolo cedimento e l’asta si piegò di lato. Il signor Alf Gray fiscalissimo arbitro del match, immediatamente intervenne lui stesso a rimettere l’oggetto al suo posto. A questo punto sembrò andasse tutto bene. Sutton calciò la sfera innescando una parabola decisamente poco insidiosa sulla quale Dave Clarke uscì perentoriamente abbrancando in presa sicura. Ma proprio mentre il portiere stava per accingersi al rinvio ecco arrivare un fischio del direttore di gara.

In molti credettero si trattasse di una banale irregolarità di qualcuno in maglia rossa nell’area di rigore. Invece no. La bandierina del calcio d’angolo era crollata di nuovo. Questa volta finendo addirittura sdraiata per terra. L’arbitro volle ad ogni costo far ripetere il tiro. Brian Slane seduto in panchina con la sciarpa degli Spartans protestò vivacemente. Niente da fare. Occorreva ribattere il corner. E nuovamente se ne incaricò Sutton, che questa volta azzeccò una traiettoria perfida, sulla quale Dixie McNeil di testa spingerà la palla dentro la porta degli ospiti cogliendo il pari. Al Blyth Spartans non restò far altro che protestare e rammaricarsi inutilmente. Ormai il punteggio sarebbe restato quello. Adesso ci sarebbe stato il replay davanti ai quarantamila di Newcastle…

Il pomeriggio della ripetizione c’era talmente tanta frenesia intorno alla zona del St. James’ Park che il bus del Blyth Spartans rimase intrappolato un bel po’ nel traffico cittadino, mentre i lampeggianti della polizia irradiavano di luce blu i severi palazzi sulle rive del Tyne. Qualcuno dei giocatori incuriosito da tanta confusione aprì un finestrino chiedendo a un agente di polizia se per caso fosse successo un incidente. “No per carità, nessun incidente…” – rispose il poliziotto fra il serio e il faceto. “Questa gente è qui per vedervi giocare, adesso vi scortiamo allo stadio.” L’emozione fu tanta. Troppa. Il Blyth Spartans non entrò mai in partita. Il Wrexham si dimostrerà più smaliziato ed esperto. D’altra parte le categorie di differenza non possono sempre essere appianate dalla volontà e dall’ardimento. Nemmeno se ti chiami Spartani. Risultato finale 1-4. Jackie Marks pianse.

E dopo? Un imprenditore del settore immobiliare premierà ogni giocatore del Blyth Spartans con un buono di 350 sterline a testa. Il giovane Steve Carney, apprendista elettricista arrivato a Croft Park dal North Shields all’inizio della stagione, si trasferirà al Newcastle. E su raccomandazione di Jackie Milburn, anche Alan Shoulder passerà improvvisamente dal fare il turno di notte nella miniera di Hetton a disimpegnarsi come centravanti per le magpies. Keith Houghton invece firmerà un contratto con il Carlisle. A giocare con l’Arsenal sarebbero andati i gallesi. E comunque in fondo, c’era da essere contenti lo stesso. Qui l’essere felice a prescindere non è un semplice luogo comune visto che nell’antico idioma inglese la parola Blyth significa allegro, e allora, forse, un giorno anche Lady Delaval di Seaton Hall si darà finalmente pace.

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