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Alex Jackson, il giovane predestinato di Renton

6 ' di letturaRenton è una piccola cittadina a quaranta minuti di macchina dal centro di Glasgow. Le sue duemila anime sono tutte assiepate sulla Main Street che prosegue poi a nord verso il bellissimo Loch Lomond, il più grande dei tipici laghi affusolati incastonati nelle montagne scozzesi. Sono regioni catartiche, con le case base coi mattoncini rossi che fanno bene da contorno al clima umido e alle distese infinite di terra coltivata.

Proprio in questa piccola comunità, ancor più contenuta all’epoca, agli inizi del secolo scorso viveva la famiglia Jackson. Persone tranquille, educate, capaci di sostentare i numerosi figli senza eccessivi problemi. Saranno proprio loro a far diventare famoso questo piccolo angolo di Scozia.

Come racconterà in seguito l’ultimo (e più noto) figlio: “Come tipico per migliaia di villaggi scozzesi, da generazioni i cittadini di Renton erano malati di football. È un piccolo distretto agricolo dove ogni bambino e ogni bambina giocano a football tutto l’anno. Questa follia per il gioco può sembrare cruda e barbara per il sud civilizzato, ma è indubbio che produca calciatori di talento”.

Una coppia di fratelli talentuosi

Due dei giovani Jackson diventano presto noti per le loro doti sul campo da football. Walter, detto “Wattie”, è talmente bravo in gioventù che si muove dal villaggio di casa per giocare allo Yoker Athletics, nella periferia nord di Glasgow, mentre il piccolo Alexander è un giovane prodigio della squadra del paese, i Renton Victoria.

Sono due ottimi prospetti, anche se molto diversi tra loro. Wattie è una punta centrale che ha un buon istinto per il gol, Alex invece corre come un dannato sulla destra e dribbla tutto quello che trova. È compatto, forse troppo visto che è alto poco più di 170 centimetri a cui abbina un corpo molto leggero e longilineo, ma è talmente superiore ai suoi avversari che non si limita ad arrivare sul fondo per crossare verso il centravanti, anzi tira a dritto verso la porta col pallone tra i piedi e si occupa personalmente di segnare. Questo movimento ad accentrarsi è abbastanza anarchico rispetto alla ferrea disciplina tattica dell’epoca, ma porta a ottimi risultati.

Il più grande dei fratelli Jackson debutta in Scottish Football League nel 1920 con la casacca del Kilmarnock. Walter fa una buona impressione in Division One, la squadra ottiene un tranquillissimo posto di metà classifica al termine della sua prima stagione e il suo contratto viene rinnovato. Alex invece è ancora molto giovane (ha solo 17 anni) e fisicamente poco sviluppato, apparentemente poco propenso ai duri contrasti dei difensori scozzesi. Così quando nel 1922 viene acquistato dal leggendario Dumbarton, il club vincitore dei primi due campionati professionistici scozzesi, il pagamento per il suo cartellino sarà nella forma di un pallone. Un singolo pallone da gioco.

L’annata 1923-1924 potrebbe essere decisiva per le sorti dei due fratelli calciatori. Wattie ha concluso la sua miglior stagione da quando ha esordito tra i professionisti, e sembra pronto per una squadra di vertice. Il primo anno di Football League di Alex non è stato da meno, anche se nel poco competitivo contesto della Second Division in cui era scivolato il Dumbarton, e le sue scorribande facevano già notizia.

L’avventura oltreoceano

I due prodotti di Renton ricevono però un invito da lontano. Un altro dei rampolli Jackson è emigrato oltreoceano, e vive ora a Detroit. Wattie e Alex vengono invitati a stare per un periodo nel cuore della potenza industriale americana, e loro accettano di buon grado. Nel 1923 un viaggio del genere non è veloce né semplice, così già i tempi di permanenza previsti non dovevano esser brevi. Quello che non si aspettano però è che dopo poco tempo dal loro arrivo in USA ricevono un’offerta di lavoro, più precisamente dalla Bethlehem Steel Corporation.

Questa è un colosso della produzione dell’acciaio, una delle corporation più ricche del mondo, ma ben più importante (per questa storia) è la sponsorizzazione che generosamente elargisce ogni anno alla squadra di calcio del paese, chiamata pragmaticamente Bethlehem Steel FC. La Betlemme d’America sorge in Pennsylvania, ben distante da Detroit, ma le notizie già allora iniziavano a viaggiare velocemente. Una volta saputo che due professionisti scozzesi del soccer sono temporaneamente in USA, i potenti mezzi dell’acciaieria si attivano e degli emissari viaggiano fino in Michigan per proporre un contratto ai due fratelli Jackson.

Non era una novità che squadre della neonata American Soccer League facessero offerte scabrose a calciatori inglesi e scozzesi, viste le possibilità economiche nettamente maggiori. Walter si troverebbe a guadagnare l’equivalente di 25 sterline a settimana, il triplo di quanto paga il Kilmarnock e due volte e mezzo il limite massimo legale della Football League inglese, fermo a 10 pound. Anche Alex, che ha solo 18 anni ed è ancora considerato una giovane promessa, avrebbe uno stipendio nettamente migliore. Così i fratelli Jackson accettano di vestire la casacca bianconera dei Bethlehem Steel e di rimanere almeno fino alla fine della stagione negli Stati Uniti.

Gli Steel sono una squadra stabilmente al vertice del calcio americano, fino al loro scioglimento nel 1930. Con i due scozzesi in squadra però quell’anno volano: arrivano di un soffio secondi in regular season, ma è in American Cup che fanno il bello e il cattivo tempo e vincono senza problemi la coppa. La finale si gioca contro il Fall River e viene seguita da molti giornali, tra cui il New York Times. Proprio quest’ultimo dedica un commento di nota al diciottenne Alex Jackson, definito “veloce come un cervo nonostante le condizioni del campo e abilissimo tecnicamente tanto da arrivare molte volte pericolosamente vicino alla porta avversaria”.

Coming back home

Finita la stagione, i fratelli Jackson annunciano la loro intenzione di voler andare a trovare i parenti in Scozia. Un po’ di homesickness, di nostalgia di casa, è normale in ragazzi che vivono in USA da nemmeno un anno, anche se i due sembrano essersi ambientati bene e per Alex potrebbe addirittura essere praticabile anche una carriera da pitcher nel baseball. I vertici del club concedono il viaggio senza problemi, ma non si sono accorti che c’è dell’altro.

Infatti dalla Scozia si è mosso l’Aberdeen, che ancora non ha raggiunto risultati di rilievo a parte una finale di coppa nel 1911. Raggiunti i Jackson in America, ha offerto loro un contratto e sfruttano la nostalgia soprattutto del più giovane dei fratelli per convincerli a giocare per loro. Con una mossa che ormai è caratteristica, quello che doveva essere un viaggio di un mese diventa un trasferimento. Quando si imbarcano il 18 agosto 1924 gli americani sono ancora convinti che torneranno, mentre il presidente dell’Aberdeen rilascia un comunicato a mezzo stampa raccontando il ritorno dei due a casa.

Ma anche l’avventura con i Reds di Scozia non dura molto. Dopo un anno le loro strade infatti si divideranno. Ormai i rapporti di forza tra i due sono cambiati definitivamente: mentre Walter è rimasto un discreto giocatore e poco di più, Alex mostra le stigmate del campione. Così il fratello maggiore rimane all’Aberdeen un’altra stagione, prima di onorare effettivamente l’impegno con gli Steel e tornare a Bethlehem, mentre al piccolo (così come al club) arriva un’offerta che non si può rifiutare.

Gli otto gol, l’innumerevole quantità di assist e le giocate incredibili accumulate dal ragazzo sulla fascia destra hanno infatti creato in poco tempo l’immagine di un prodigio, di un campioncino in erba pronto a giocare anche con la Nazionale. Ma un’attenzione così elevata fa risvegliare anche gli interessi di altre parti del Regno Unito, così molti importanti club inglesi hanno drizzato le antenne pronti ad accalappiare l’ennesimo talento dei cugini.

Squadre blasonate come Everton, Aston Villa e Liverpool sono sulle tracce del nuovo fenomeno, ma nessuna di queste riuscirà ad acquistarlo. Lo sforzo in più lo compie l’Huddersfield Town, soprattutto grazie al suo allenatore, un vero gentleman d’altri tempi capace di condurre qualsiasi trattativa. D’altra parte si chiama Herbert Chapman, è uno dei manager più importanti della storia del calcio ed è abituato a fare pazzie per acquistare un giocatore da lui ritenuto tra i più forti disponibili.

Così Chapman decide di viaggiare direttamente fino a Renton, perché sa bene che da quelle parti ha tanto importanza la volontà del club (che si può comprare) che quella del giocatore, ma quest’ultima è spesso influenzata dal consiglio dei parenti. Il leggendario allenatore sembra aver convinto il padre del ragazzo, ma conferma la sua fama di uomo d’onore portando comunque Jackson senior a chiudere la trattativa davanti a un bicchiere di scotch, nell’unico pub del paese. Quando però, riconosciuto da un paio di avventori del locale, decide di offrire a tutti i presenti un giro, la notizia si sparge presto e tutto il paese si presenta a ritirare la bevuta.

Il manager non batte ciglio e paga tutto di tasca sua senza un lamento, e riesce pienamente nel suo intento. Impressiona talmente tanto il signor Jackson che questi, e di conseguenza anche il figlio, si convincono ancor di più della bontà dell’offerta. L’Aberdeen cede di fronte ai 5.000 pound offerti per quello che rimane un diciannovenne, anche se di ottime speranze, e Alex Jackson diventa un nuovo giocatore dell’Huddersfield Town. Quel che non sa è che tra non molto sarà una delle star più famose del calcio inglese.

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