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’71/72: quella pazza ultima giornata che vide Brian Clough e il Derby County sul tetto d’Inghilterra

9 ' di letturadi Jacopo Boni.

Ci sono favole e storie che il pallone di una volta, quando era ancora lontano da diventare una fabbrica di profitto e business smisurato, poteva raccontare con regolarità ed entusiasmo pressoché infiniti. Una di queste favole è avvenuta in Inghilterra durante la stagione ’71/72: una di quelle storie che vale la pena raccontare, con un finale che, seppur a distanza di anni, continua a far discutere e sognare gli appassionati di calcio inglese e non solo.

Per narrare al meglio quella pazza ultima giornata conviene, però, partire snocciolando dati e fatti di un’annata particolare, che vide continui e repentini cambi al vertice con molte squadre che potevano ambire al successo finale.

Nel 1971/1972 il calcio inglese stava vivendo appieno l’onda lunga del successo ai mondiali del 1966: numerose le squadre di talento che potevano puntare al titolo, in un’età dove il calcio non era ancora stato monopolizzato dal dominio delle società più ricche. Nonostante l’epicentro del calcio inglese si dividesse già allora principalmente tra Londra, Manchester e Liverpool (con protagonista anche l’Everton di Harry Catterick che nella stagione 1969/1970 si era laureato campione), vi erano possibilità anche per realtà per così dire periferiche, come ad esempio il Leeds di Don Revie.

La stagione precedente (1970/1971) aveva visto l’Arsenal prendersi l’intera scena vincendo sia campionato che FA Cup, quest’ultima battendo il Liverpool in finale a Wembley per 2 a 1. Ma adesso i Gunners apparivano stanchi, dopo un’annata sì fortunata e coronata dal prestigioso double, ma anche dispendiosa come quella precedente, a fronte di una squadra non esattamente piena di talento, che esprimeva la sua forza più nella grande coralità del gruppo che nel gioco espresso sul campo. Inoltre, seppur la rosa fosse stata arricchita dall’arrivo del talentuoso Alan Ball dall’Everton, la squadra aveva perso la propria guida rappresentata dall’allenatore Don Howe, passato al West Bromwich Albion.

Proprio per questo motivo le scommesse degli allibratori puntavano sul già citato Leeds United di Don Revie: la squadra dello Yorkshire esprimeva forse il migliore gioco d’Inghilterra (come non menzionare il 7 a 0 inflitto il 4 marzo 1972 al Southampton), seppur la stagione precedente non si fosse conclusa come voluto, per colpa dell’impresa dell’Arsenal e del fallimento della rincorsa alla Fa Cup, dove il Leeds era uscito con un tonfo abbastanza sonoro, vista l’eliminazione per mano della squadra di quarta serie del Colchester.

Oltre al Leeds, gli occhi erano puntati sul Tottenham, che la stagione precedente aveva risalito la china dopo alcune annate in sordina, e il Chelsea, detentore del titolo europeo. Manchester, sia sponda United che sponda City, non godeva dei favori dei pronostici. Lo United era, per così dire, in fase di transizione: alcuni giocatori come Charlton e Law si stavano avviando verso il viale del tramonto, e George Best era nel pieno della sua vita di eccessi. Lo stesso City aveva a disposizione alcuni giocatori di indiscusso talento come Colin Bell e Francis Lee, non supportati però da una squadra che permettesse loro di esprimersi al massimo delle capacità. Stesso discorso a Liverpool, dove i Reds stavano vivendo un momento di ricostruzione dopo il periodo d’oro 1963/1966.

C’era quindi spazio per possibili sorprese, e le squadre di seconda fascia si presentavano ai nastri di partenza agguerrite, potendo contare su alcuni giocatori di livello assoluto: come non menzionare, ad esempio, il Coventry di Willie Carr, l’Huddersfield di Frank Worthington, Jeff Astle e Tony Brown del West Bromwich Albion o ancora il Newcastle capitanato da Malcolm MacDonald, uno degli acquisti che più avevano occupato le prime pagine dei giornali nell’estate del 1971.

In quella che fin dall’inizio si preannunciava come una stagione molto combattuta, ai nastri di partenza si presentava anche il Derby County, squadra allenata dal controverso Brian Clough, allenatore a dir poco sopra le righe che negli anni precedenti era riuscito a portare in First Division i bianconeri e piazzarli al quarto posto nella fantastica annata 1969/1970. La squadra non si era confermata nella stagione successiva, chiusa al nono posto. Erano poche le speranze di riportare nel Midlands un titolo che mancava da più di un decennio, con l’ultimo successo targato Wolverhampton datato 1959. A complicare le cose per gli Arieti ci si era messo anche il mancato acquisto di Ian Storey Moore, attaccante del Nottingham Forest passato al Manchester United per 225.000 sterline in quello che era stato uno dei trasferimenti più controversi dell’intera storia del calcio inglese: Storey Moore era infatti diretto proprio al Derby County, con accordo tra società ratificato e attaccante già presentato davanti ai tifosi al Baseball Ground, ma proprio all’ultimo secondo aveva cambiato idea, forse convinto dalla moglie, scegliendo la via verso Manchester.

La stagione si era aperta all’insegna di un differente approccio da parte degli arbitri, che avevano cambiato la propria metodologia d’intervento durante la partite sanzionando più duramente le proteste, prima largamente concesse. Il primo a farne le spese era stato, viene da dire quasi naturalmente, George Best, espulso durante la seconda partita dei Red Devils contro il Chelsea.

Proprio lo United, assieme allo Sheffield United, iniziò il campionato in maniera egregia, disputandone una prima parte eccelsa. Le due squadre riuscirono a mettersi in testa alla classifica con lo United che arrivò a toccare i cinque punti di vantaggio sulla seconda. Ma se nel caso dello Sheffield un calo era preventivabile ed anche fisiologico (era la stagione del ritorno dei Blades in First Division), il crollo della squadra di Manchester nella seconda metà della stagione fu un tonfo inaspettato e decisamente sonoro. Un vero e proprio collasso iniziato con l’anno nuovo, fatto di ben 7 sconfitte consecutive e 11 nelle ultime 19 partite di campionato che relegarono lo United all’ottavo posto nella classifica finale. Un crollo verticale da attribuire in buona parte al calo vertiginoso delle prestazioni di George Best, che dopo un inizio di stagione proficuo in termini di goal, si dedicò alla sua vita frenetica ed edonistica, presentandosi più di una volta in pessime condizioni agli allenamenti. Un fatto acclarato e ammesso dallo stesso giocatore, che realizzò solamente 4 goal nella seconda parte di stagione.

Il campionato, dunque, stentava a trovare un dominatore in grado di staccare il biglietto della vittoria con largo anticipo. A Londra le cose non andavano troppo bene: l’Arsenal detentrice del titolo non ingranò mai la marcia e, nonostante la quinta finale consecutiva di FA Cup, in campionato non si avvicinò mai alle prime posizioni per i troppi alti e bassi; il Tottenham si concentrò quasi totalmente sulla propria campagna europea, che in quell’anno fu di successo, dato che gli Spurs vinsero la UEFA Cup contro il Wolverhampton, sacrificando le ambizioni di titolo, mentre il Chelsea pagò a caro prezzo un inizio di stagione pessimo, con la squadra che si rimise in sesto quando il treno dell’alta classifica era già troppo lontano.

A marzo la lotta per il titolo si era trasformata in una battaglia a quattro tra Manchester City, Leeds United, Liverpool e Derby County. Di queste il Liverpool era quella più lontana dalla vetta: la squadra di Bill Shankly scoprì nel quasi sconosciuto Kevin Keegan un validissimo asso nella manica che le permise di rimanere imbattuta da febbraio fino a marzo, arrivando a sfiorare un titolo che, se non fosse stato per una prima parte di stagione ben al di sotto delle aspettative, sarebbe potuto arrivare.

La situazione vedeva il City primo e con quattro punti di vantaggio dopo la partita vinta sul campo dell’Everton, vantaggio che aumentò a cinque punti dopo la successiva vittoria dei Citizens contro il Chelsea. Sembrava una strada in discesa verso l’agognato successo ma, di lì in poi, la capolista rallentò il passo, cedendo il primato due settimane dopo, a seguito della sconfitta per 2 a 1 contro lo Stoke.

Dietro, quasi insospettabilmente, sbucò il Derby County, che si issò in testa alla classifica alla trentaseiesima giornata, con una prova di forza notevole che vide gli uomini di Brian Clough battere per 2 a 0 il Leeds di Don Revie. Per i tifosi bianconeri presenti al Baseball Ground, fu una partita memorabile che impressionò lo stesso Don Revie, il quale al termine del match dimostrò anche doti di preveggenza, dichiarando che se il titolo non lo avessero vinto i suoi allora sarebbe andato sicuramente ai Rams.

Il Derby County non era – diversamente dalle avversarie . una squadra abituata a lottare per il titolo, ma aveva dalla sua il carisma e la personalità di un allenatore che negli anni successivi entrerà di diritto nella storia del calcio inglese: Brian Howard Clough. L’ex calciatore di Middlesbrough e Sunderland, la cui carriera era stata interrotta precocemente da uno scontro con il portiere del Bury nel giorno di Santo Stefano del 1962, era arrivato ad allenare i Rams nel 1967, conquistando subito la promozione in First Division e ottenendo il quarto posto nel primo anno dal ritorno nella massima serie.

I concetti base del pensiero tattico dell’allenatore inglese (coadiuvato dal fidato Peter Taylor) erano sì legati alla tradizione del calcio inglese, ma portavano anche un’innovativa boccata d’aria fresca a tutto il movimento calcistico nazionale: le caratteristiche tipiche del calcio anglosassone, come velocità ed aggressività, nel gioco di Clough venivano incorporate in un sistema in cui le parole d’ordine erano ordine tattico, cura quasi maniacale della fase difensiva e gioco palla a terra. Attenzione fondamentale era dedicata alla parte della preparazione atletica, e qui il lavoro dell’allenatore si faceva sentire moltissimo: Clough (una sorta di sergente di ferro) sceglieva personalmente i suoi collaboratori e pretendeva dalla propria squadra ordine, disciplina, obbedienza e sacrificio.

La squadra bianconera era comandata dalla coppia difensiva McFarland – Todd e poteva contare sull’estro della sua ala mancina, quell’Alan Hinton che terminerà l’annata da capocannoniere della squadra con 15 reti. Una squadra operaia ma non solo, in grado di intimidire e sorprendere qualunque avversaria grazie ai ritmi forsennati e alla sua disposizione tattica innovativa.

Si arrivò ai momenti decisivi della stagione: il City aveva gettato al vento le proprie possibilità e, dopo la sconfitta interna contro lo Stoke, incappò in una nuova sconfitta sul campo del Southampton. A dare la mazzata finale alle speranze di titolo per i Citizens fu, però, l’unico punto portato a casa dalle trasferte con Ispwich e Coventry. L’ultima partita da giocare li metteva di fronte proprio al Derby County. Con un ultimo sussulto i blue vinsero la partita per 2 a 0 (goal di Francis Lee e Rodney Mash) proiettandosi al primo posto momentaneo. Un primo posto destinato a durare poco: in quel momento il City era sì primo con 57 punti, ma era seguito a 56 dal Liverpool (due partite da giocare) e dal Derby (a cui ne mancava una) e dal Leeds a 55 (a cui mancavano due partite).

La data del primo maggio portò con sé due risultati che sembravano indirizzare la vittoria finale verso Leeds. Il Derby compì un vero e proprio miracolo, vincendo in casa per una a zero sul Liverpool grazie al goal di John McGovern e issandosi in testa alla classifica con 58 punti. Nello stesso momento gli uomini di Don Revie battevano 2 a 0 il Chelsea ad Ellen Road: con una partita rimasta da giocare, è il Leeds ora il favorito. Bastava una vittoria o un pareggio nell’ultimo turno per superare il Derby e vincere il titolo. Anche il Liverpool poteva ancora sperare: un passo falso del Leeds e la contemporanea vittoria dei Reds contro l’Arsenal avrebbe significato vittoria finale.

Si aprì una settimana frenetica per i Peacocks, una settimana che lascerà parecchi strascichi e polemiche in tutto il calcio inglese. Il Leeds sentiva odore di double: il 6 maggio la finale di FA Cup contro l’Arsenal, due giorni dopo gli Wolves in quella che poteva essere la partita del titolo.

In tutto questo marasma e tensione Brian Clough se ne lavò letteralmente le mani, portando i suoi a Maiorca, per una vacanza di squadra: non ci credevano, letteralmente, nemmeno loro.

Il 6 maggio il Leeds sconfisse l’Arsenal per 1 a 0 conquistando la FA Cup. Il primo passo verso la gloria era compiuto. Revie chiese alla federazione di rimandare la gara con gli Wolves a metà maggio ma non venne accontentato, alimentando quel sentimento di cospirazione che più di una volta accompagnerà le vite dei tifosi del Leeds. Nonostante ciò, l’allenatore si presentò davanti ai giornalisti prima della partita convinto di poterla vincere, affermando che la sua squadra sarebbe scesa in campo con la solita mentalità offensiva.

Nessuno in Inghilterra sembrava pensare il contrario: Bobby Charlton arrivò a dichiarare che non c’era modo che gli Wolves potessero levare al Leeds la certezza del titolo. Forse questo e forse altre accuse di un probabile scarso impegno, infusero nei giocatori dei Wolves uno spirito combattivo che altrimenti non avrebbero avuto, vista la partita ininfluente per le loro sorti.

Si arrivò così al pomeriggio dell’8 maggio. Nessuno poteva immaginare che quella giornata si sarebbe trasformata in una delle più indimenticabili di sempre, per i tifosi del Derby County e anche per tutti i romantici del vecchio pallone. Un pomeriggio entusiasmante per i tifosi Rams e, allo stesso tempo, drammatico per i fans di Leeds. Eccone il racconto:

La squadra di Revie partì forte, non smuovendosi da quei principi tattici predicati dal suo allenatore: attaccare, attaccare e ancora attaccare. Numerose le occasioni per gli ospiti, con la porta dei lupi che, tuttavia, sembrava stregata. Proprio nel momento di maggiore sofferenza, gli Wolves trovarono il vantaggio con Francis Munro. Il secondo tempo partì sulla falsariga del primo: era il Leeds a comandare il gioco, sfiorando ripetutamente il goal del pareggio. Ma il calcio è strano e, ancora una volta, la squadra di casa punì gli ospiti nel momento di maggiore sofferenza. Fu Derek Dougan a metter fine ai sogni di gloria dei Peacocks . Il goal del definitivo 2 a 1 lo segnò Billy Bremner, un goal buono solo per le recriminazioni.

Nello stesso momento il Liverpool non riuscì a battere l’Arsenal: la partita terminò 0 a 0, con i Reds che ebbero solo l’illusione della vittoria a due minuti dalla fine, quando, tuttavia,il goal di John Toshack venne annullato per fuorigioco; con esso sparirono le speranze di vittoria finale per i ragazzi di Shankly.

A migliaia di chilometri di distanza, probabilmente su una spiaggia di Maiorca, ai giocatori del Derby arrivò la notizia: per la prima volta nella storia i Rams erano campioni d’Inghilterra. La reazione iniziale fu di comprensibile stupore, poi l’incontenibile gioia, quella genuina, pura che solo il calcio può dare.

Clough disse che i quattro minuti e mezza di recupero dati al Moulinex prima del fischio finale gli erano parsi 4 anni e mezzo. Come dargli torto. Incredulo, ma conscio che la sua squadra quel titolo se lo era guadagnato sul campo.

Le polemiche andarono avanti per settimane: Don Revie, pur congratulandosi con gli avversari, accusò la federazione di aver scippato il titolo dalle tasche dei suoi giocatori, facendo giocare la partita decisiva appena due giorni dopo la finale di FA Cup. Jack Charlton si dichiarò “as sick as a pig” per questa decisione.

A tutto questo si sommarono, nel corso degli anni, le voci di un tentativo da parte del Leeds di comprarsi la partita. Voci e veleni che nulla possono togliere a quello che Brian Clough definì, giustamente, uno dei miracoli sportivi del ventesimo secolo. Un miracolo vero, a conclusione di una delle stagioni e dei finali più pazzeschi che la storia del calcio possa ricordare.

Una storia forse irripetibile (soprattutto nel calcio/business moderno) ma che noi – romantici del pallone – ci auguriamo di vedere ancora una volta, sognando di alzare le braccia e toccare il cielo con un dito, proprio come fecero i tifosi del Derby County in quel pazzo e incredibile pomeriggio.

LEGGI ANCHE:La volta in cui Brian Clough sferrò un pugno in faccia a Roy Keane. Pillole di un rapporto particolare.

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