Manchester United – the red devils
Tutti gli appassionati di calcio internazionale sono abituati a identificare il Manchester United con la iconica maglia rosso fuoco, e a riferirsi a quella squadra come the red devils, i diavoli rossi. Il logo del club fu ispirato allo stemma della città, principalmente rosso, e lo stesso colore fu scelto per la maglia da gioco. Per il famoso soprannome che oggi tutti conoscono dobbiamo però aspettare l’inizio degli anni ’60, quando sulla panchina dello United sedeva un certo Matt Busby. Come capitato ad altri suoi illustri colleghi del secolo scorso, anche questo grandissimo allenatore lasciò la propria impronta indelebile anche al di fuori del contesto prettamente tecnico e sportivo.
Busby sentì che i giocatori di rugby di Salford – siamo nell’area urbana della “Grande Manchester” – venivano chiamati appunto red devils. Molto banalmente, questo appellativo gli piacque molto e decise che anche i suoi ragazzi avrebbero dovuto chiamarsi così. Il nickname divenne ben presto popolare e riconosciuto da tutti i tifosi, tanto che alla fine degli anni ’60 i diavoli iniziarono a comparire sulle sciarpe. La promozione a stemma ufficiale avvenne invece circa dieci anni più tardi, quando i diavoli e il tridente vennero affiancati al vecchio logo.
Leicester – the foxes
Specialmente dopo l’impresa sotto la guida di Claudio Ranieri, anche i più distratti hanno imparato che i giocatori del Leicester sono the foxes, le volpi. L’origine di questo soprannome è un chiaro legame con il territorio dove il club ha la propria sede, con un risvolto che non farà troppo piacere agli animalisti. La zona del Leicestershire è popolata da un gran numero di volpi, e di conseguenza su questo territorio è sempre stata praticata regolarmente la caccia a questi animali.
L’immagine della volpe sullo stemma societario è comparsa per la prima volta nel 1948, e da quel momento non ha più abbandonato la squadra. Un altro richiamo con la pratica della caccia si ha con il corno, adottato come simbolo nel 1941. Il legame con questo oggetto è presente ancora oggi: nelle partite casalinghe al momento dell’ingresso in campo delle foxes, gli altoparlanti dello stadio fanno risuonare il suo suono come buon auspicio per gli undici beniamini dei tifosi.
Fulham – the cottagers
In questo caso ci dobbiamo concentrare sullo stadio. Chiunque segua il calcio inglese sa benissimo che i giocatori del Fulham sono chiamati the cottagers, i contadini. Il motivo è semplice ed immediato: all’interno dell’impianto sportivo, in un angolo fra la Hammersmith End e la Putney End, sorge incastonato il caratteristico Cottage Pavilion, la struttura che richiama le fattezze del tipico casolare inglese di campagna. Questa tribuna, così particolare, riproduce il cottage che era appartenuto nel IXX secolo al barone William Craven, e che sorgeva proprio nell’area dove oggi trova posto lo stadio. All’epoca, la zona era ricca di boschi e vi si praticava la caccia, in quelle che una volta erano state le tenute di Anna Bolena.
Si racconta che in questo casolare – punto di appoggio per nobili e personaggi facoltosi – abbiano soggiornato anche Sir Arthur Conan Doyle e addirittura la regina Vittoria, anche se non esistono documentazioni a riguardo. Ultima curiosità sul Cottage Pavilion: pare che fu aggiunto in un secondo momento alle tribune per ovviare a un errore di progettazione, ovvero mancavano… gli spogliatoi. E proprio questa funzione assunse la struttura, oltre a quella di accogliere le famiglie dei calciatori durante le partite.
Sheffield Wednesday – the owls
Scendiamo al secondo livello del calcio inglese, in Championship, per trovare lo Sheffield Wednesday, antico e un tempo glorioso club che ormai manca dal massimo campionato da 20 anni esatti. Durante il primo periodo di attività, il soprannome della squadra era the blades, ovvero le lame, termine facilmente riconducibile alle numerose industrie dell’acciaio presenti nella zona di Sheffield. Nickname che poi sarebbe diventato proprio dei rivali cittadini dello Sheffield United. L’adozione del nuovo stemma la si deve a un giocatore della squadra che a inizio ‘900, per omaggiare il loro stadio a Owlerton, si presentò con un gufo come mascotte.
La cosa curiosa è che il nome del quartiere di Owlerton non ha niente a che vedere con i gufi. In inglese owl significa gufo, vero, ma owler è un antico termine dialettale dello Yorkshire che significa ontano, albero che nella zona cresceva in abbondanza, e da cui l’antico maniero di Owlerton deve il suo nome. Si è trattato in pratica di un malinteso bello e buono. Se il calciatore in questione avesse conosciuto la vera origine del nome del suo stadio, si sarebbe dovuto presentare con un ramo di ontano, e oggi il soprannome del Wednesday sarebbe potuto essere… the alders, appunto gli ontani.
Tottenham Hotspurs – the spurs
Più che un soprannome, Hotspurs è parte integrante del nome del Tottenham, appellativo che affonda le radici addirittura nel medioevo. Gli studenti che hanno fondato la squadra a fine ‘800 si sono ispirati a un personaggio realmente esistito, e che hanno incontrato nelle lezioni di letteratura leggendo “Enrico IV” di William Shakespeare. Si tratta di Sir Henry Percy, un nobile inglese vissuto a cavallo fra il XIV e il XV secolo. Uomo eccentrico e dal carattere che si incendiava facilmente, si dedicava per passione al combattimento dei galli. Sir Percy aveva l’abitudine di “potenziare” le zampe dei suoi galli con degli speroni – in inglese spurs – per avere maggiori probabilità di vittoria.
Questa usanza, unita alla personalità piuttosto fumantina del personaggio, gli fecero guadagnare il soprannome di “Harry hotspurs” (speroni roventi in italiano). Nickname che è stato appunto utilizzato dai fondatori del club, e che viene abbreviato semplicemente in spurs per identificare i giocatori del Tottenham. Lo stemma con il gallo sopra il pallone è una diretta conseguenza dell’aneddoto sui combattimenti medievali. Tra l’altro la statua in bronzo che campeggiava sul vecchio White Hart Lane – e che è stata riprodotta nel nuovo stadio – fu realizzata da tale James Scott, che era uno dei giocatori della squadra.