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venerdì 19 Aprile 2024
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Robin Friday, la stella cadente bruciata troppo in fretta

Eccessi e follie di un talento anarchico

14 ' di lettura

È il primo gennaio del 1977. Robin Friday è da pochi giorni un giocatore del Cardiff, Seconda Divisione inglese. È il suo esordio assoluto con i suoi nuovi colori. Si gioca al Ninian Park di Cardiff. Di fronte c’è il Fulham, la squadra di Bobby Moore e George Best. Friday non vede l’ora di misurarsi con Bestie, uno dei pochissimi calciatori che ammira. Best, però, non ci sarà per colpa di un banale guaio muscolare. Il Cardiff vincerà la partita per 3 reti a 0. La seconda e la terza rete sono opera di Robin Friday, che si porterà a spasso per tutti i 90 minuti la difesa del Fulham, Bobby Moore compreso. I due avranno anche qualcosa da dirsi durante il match e il loro alterco finirà esattamente nel momento in cui Robin Friday “strizzerà” i testicoli del capitano dell’Inghilterra campione del Mondo nel 1966.

Al termine dell’incontro Jimmy Andrews, manager del Cardiff telefonerà al suo collega del Reading, Charlie Hurley, che pochi giorni prima gli ha venduto Friday per la misera somma di 28.000 sterline. «Charlie, li ha fatti impazzire tutti per 90 minuti. Friday è stato fantastico. Mi hai venduto un fenomeno, Charlie» urla entusiasta Andrews al suo collega. «Jimmy, ce l’hai solo da 3 giorni! Ne riparliamo tra tre mesi» è la lugubre risposta di Hurley.

Robin Friday nasce il 27 luglio del 1952 ad Acton, cittadina ad ovest di Londra, a due passi dall’aeroporto di Heathrow. Anticipa di pochi secondi il gemello Tony con il quale cresce nei sobborghi di questa cittadina. Quasi sempre i due sono su un campetto di calcio con un pallone tra i piedi con i loro coetanei. È però presto evidente a tutti che Robin ha un talento speciale. Già a 10 anni, infatti, riesce a fare cose incredibili con il pallone. La sua specialità è lanciare la palla in alto e stopparla con la parte posteriore del collo.

La sua fisicità è impressionante fin da bambino. È alto e magro e ha un grande talento anche per il cricket, ma il contatto fisico del calcio lo attrae molto di più. Un po’ “combattuto” all’inizio, sul suo ruolo preferito. Robin in realtà adora giocare in porta e ha riflessi prodigiosi, oltre che un coraggio innato a tuffarsi tra i piedi dei compagni. Opterà in seguito per il ruolo di attaccante.

A tredici anni diversi Club londinesi offrono a Robin la possibilità di allenarsi con loro ma alla fine decidono tutti di non trattenerlo. Prima il Crystal Palace e poi il Queens Park Rangers. Per ultimo il Chelsea di Tommy Dockerty, il famoso allenatore scozzese che, dopo averlo inserito nelle giovanili, decide anche lui come gli altri di prescindere da Robin lasciandolo libero.

Nessuno discute le sue qualità ma ci sono già due problemi evidenti, che caratterizzeranno per sempre la carriera e la vita di Robin: una assoluta mancanza di disciplina in campo e “passioni” non certo consone fuori dal campo, soprattutto per alcol e droghe. Robin sperimenta tutto con avida curiosità e a quindici anni è già un consumatore di cannabis, speed e metadone.

A questo punto chiude definitivamente con la scuola ed inizia a perdere le “coordinate”. Per mantenere i suoi vizi inizia a fare piccoli furti, spesso per poche decine di sterline e correndo rischi spropositati rispetto all’eventuale bottino. Viene “beccato” più volte (l’ultimo furto lo compie in un negozio di giocattoli) e alla fine viene condannato a quattordici mesi di reclusione nel carcere minorile di Feltham, in mezzo a tossici e rapinatori.

Potrebbe perdersi definitivamente, ma la sua abilità con un pallone tra i piedi sarà la sua salvezza. In carcere c’è una squadra di calcio che, sotto l’attento controllo delle guardie, è spesso in “trasferta” a giocare partite amichevoli anche con squadre giovanili di un certo rilievo. Proprio durante una di queste partite Robin viene notato dal Reading che lo invita, scontato il periodo di detenzione, ad allenarsi con il Club. L’impatto è eccellente. Nonostante il suo fisico magro e longilineo, Robin dimostra di non temere lo scontro fisico anche contro uomini fatti e finiti e abituati al calcio di contatto della 4a Divisione inglese.

Sembra tutto andare per il meglio ma con Robin Friday di certezze non ce sono mai. Decide, infatti, di mollare tutto e di tornare a Acton per andare a convivere con la fidanzata sedicenne Maxine. La scelta, già di per sé non facile, è sicuramente molto coraggiosa. Ma c’è un altro particolare e non da poco: Maxine è una ragazza di colore. In Inghilterra in quel periodo la parola “integrazione” è ancora praticamente sconosciuta. Nessuna meraviglia, dunque, se tanti tifosi non vedranno di buon occhio la “scelta” di Robin, il quale, peraltro, si troverà spesso coinvolto in risse scatenate dagli insulti razziali rivolti alla coppia.

Come al solito Robin Friday se ne sbatterà altamente delle convenzioni e dei giudizi bigotti di una società inglese che avrà ancora bisogno di qualche anno prima di avviare un vero processo di accoglienza verso i tanti “colored” (così venivano definiti allora) in arrivo dalle ex-colonie britanniche. Robin sposerà Maxine e da lei poco dopo avrà un figlio. La nuova responsabilità di padre e marito, se è vero che non cambierà di una virgola le sue abitudini di vita, almeno lo convincerà a cercare un lavoro vero.

L’edilizia in quegli anni è fiorente e alla ricerca di forza lavoro, e Friday inizia a lavorare in diversi cantieri, specializzandosi come asfaltatore. Inoltre, grazie alle insistenze di un collega, ritorna anche a giocare a calcio. Niente di trascendentale: la squadra è il Walthamstow Avenue ed è solo l’ISTHMIAN LEAGUE, una categoria paragonabile al nostro campionato di Eccellenza, ma Robin ricomincia a divertirsi. E a segnare un sacco di goal. Inoltre, allo stipendio da operaio edile aggiunge, con il calcio, dieci sterline alla settimana che sono utilissime al bilancio famigliare e, purtroppo, anche ad alimentare i vecchi vizi.

In un match di campionato contro l’Hayes, squadra ambiziosa e per di più assai più vicina ad Acton, Robin gioca una partita eccezionale risultando determinante nella vittoria del suo team. Quando Robin esce dagli spogliatoi i dirigenti dell’Hayes lo bloccano: lo vogliono assolutamente nel loro Club e l’offerta è allettante. 30 sterline a settimana. Più di quello che Robin guadagna al momento asfaltando terrazze.

È un periodo tutto sommato sereno per Robin Friday. Gioca e segna tanti goal con l’Hayes, continua a lavorare al cantiere edile, a portarsi a letto tutte le ragazze carine che gli capitano a tiro, a bere e fumare praticamente qualsiasi cosa e a fare a cazzotti il sabato sera. Inoltre il suo nome ricomincia a circolare fra diverse squadre professionistiche.

«Quel matto di Friday pare aver messo la testa a posto» è la frase che inizia a circolare in quel periodo. In fondo “la testa fuori posto” è sempre stato il suo unico problema, visto che sulle sue qualità calcistiche nessuno ha mai avuto un solo dubbio. Come spesso accade, però, la dea bendata ha altri progetti. Mentre è al lavoro in cantiere Robin cade da una impalcatura, precipita al piano sottostante e un pezzo di ferro sporgente gli si conficca nella schiena. Viene trasportato al vicino ospedale di St. Thomas, dove i medici riscontrano una situazione decisamente critica: il tondino di ferro si è conficcato a due centimetri scarsi dal cuore; Robin non corre pericolo di vita, ma il recupero sarà lungo e difficilmente completo.

Friday, come al solito, spiazza tutti. Tre mesi dopo è di nuovo al lavoro e, soprattutto, è di nuovo in campo con l’Hayes. Rientra giusto in tempo per il 1° turno di FA CUP dove l’Hayes deve affrontare i professionisti del Bristol Rovers.  È il 18 novembre del 1972. L’Hayes elimina il Bristol Rovers e nel turno successivo il sorteggio oppone i suoi calciatori ad un’altra squadra professionistica, il Reading. Sono trascorsi meno di 3 anni da quando Robin Friday si allenava con i Royals. Occorrerà la ripetizione al Reading per avere la meglio sul coriaceo Hayes ma ancora una volta la performance di Friday ha messo d’accordo tutti.

Charlie Hurley, manager dei Royals, inizia a seguirlo con assiduità: meno di un anno dopo, convinto che Robin Friday sia l’uomo giusto per l’attacco del Reading e per l’assalto alla promozione in 3a Divisione, stacca un assegno di 750 sterline e nel gennaio del 1974 Friday diventa un giocatore del Reading. L’idea è di farlo giocare con la squadra riserve per un paio di mesi, valutarne i progressi, seguirne l’inserimento e poi lanciarlo in prima squadra.

L’entusiasmo e il vigore che il giovane attaccante mette in ogni partitella di allenamento colpiscono favorevolmente Hurley, sebbene spesso debba tenere a freno l’esuberanza di Friday, che in una sola sessione di allenamento mette ko tre compagni di squadra. Proverbiale l’intervento del manager che sospende la partitella, si avvicina a Friday e gli comunica: «Figliolo, sabato pomeriggio abbiamo una partita di campionato. Se continui così non arriverò ad averne undici da mandare in campo».

È però chiaro a tutti che Friday non è giocatore da squadra Riserve («Mi ero proprio rotto di giocare con quei finocchi» commenterà con il suo solito tatto Friday) e così dopo due settimane Hurley gli comunica che la domenica successiva lo farà esordire in prima squadra contro il Northampton. Il dialogo che ne consegue entrerà nella leggenda dei Royals. «Fantastico Boss! -risponde entusiasta Friday alla notizia- Le prometto che sabato sera me ne starò buono in casa, niente alcool e niente scazzottate». «Figliolo, -gli risponde pacato Hurley- posso sopportare una bugia ogni tanto… ma tre in una volta sola sono troppe!»

E se è vero che Robin Friday non terrà MAI fede a queste promesse, è altrettanto vero che quello che riuscirà a fare in campo non solo farà passare in secondo piano la sua vita privata dissoluta e sempre al limite, ma lo trasformerà in breve nell’idolo assoluto di Elm Park. Salta gli allenamenti con frequenza, si presenta alle partite poco prima di scendere in campo e quasi sempre in condizioni disastrose. A volte lo danno addirittura per disperso oppure le sue imprese in qualche locale la sera precedente arrivano alle orecchie di manager e società. Quando si presenta agli allenamenti vuole solo la palla. Partitelle o tiri in porta; di giri di campo, allunghi o ripetute non se parla neanche.

Però le prestazioni del Reading migliorano sensibilmente ed è Robin Friday a fare la differenza. Al termine della sua prima stagione segna 7 reti e contribuisce alla scalata del Reading dalle ultime posizioni in cui si trovava a gennaio fino ad un eccellente sesto posto finale, ad una manciata di punti dalla zona promozione.

Poi arriva l’estate e di Robin Friday si perdono completamente le tracce. Inizia la preparazione ma del “maverick” di Acton nessuna notizia. Poi, il giorno antecedente la prima amichevole stagionale contro il Watford di Elton John, al campo di allenamento si presenta una figura con le “sembianze” di Robin Friday. Capelli lunghi, barba incolta e più magro del solito. Con sé ha solo una borsina di plastica, quelle da supermercato per intenderci; all’interno un paio di scarpe da calcio che non vedono una spazzola da mesi ed un paio di mutande. Il giorno dopo, nell’amichevole con il Watford Robin Friday, per novanta minuti farà letteralmente ammattire la difesa dei “calabroni” risultando al termine nettamente il migliore in campo. Il tutto senza nessuna preparazione precampionato, un solo allenamento alle spalle e, si scoprirà dopo qualche giorno, un’estate passata in una comune hippy in Cornovaglia!

Alla sua prima stagione intera da professionista Robin Friday segnerà 20 reti, il Reading finirà sempre nella parte alta della classifica, ma soprattutto il suo nome inizierà a circolare anche ad altissimi livelli. Si parla di West Ham, di Sheffield United e addirittura dell’Arsenal. I Gunners di Bertie Mee hanno perso parecchio dello smalto di poche stagioni prima e occorre qualcuno che faccia dei goal e che, soprattutto, sia pronto a sostituire nel cuore dei tifosi di Highbury un altro grande “matto” del calcio inglese: Charlie George, messo in lista di trasferimento ai Gunners proprio per dissapori con lo stesso Mee. Non se ne farà nulla anche perché le abitudini di Robin non cambieranno di una virgola.

Nella stagione successiva (nonostante la “solita” estate hippy in Cornovaglia) Robin giocherà una stagione fantastica. Segnerà la bellezza di 22 reti e, soprattutto, contribuirà alla promozione del Reading in terza divisione. Robin in campo è una gioia per gli occhi. Ha talento, due piedi eccellenti, è forte fisicamente (supera abbondantemente i 180 cm) e anche nel gioco aereo ha grandi doti. Ma è totalmente indisciplinato e ben presto Hurley smetterà addirittura di dargli incarichi tattici o di provare a incanalarne le energie e il talento.

Diventa un obiettivo dichiarato per tutti i difensori, ma non si nasconde mai, anzi! Lui adora il confronto fisico, così quando riceve le attenzioni dei difensori avversari fa di tutto per rimanere in piedi, ma se cade si rialza immediatamente e abbassa ancora di più i calzettoni sulle caviglie in segno di sfida. Adora il dribbling, arte per pochi nel Regno Unito di quel periodo e forse ancora per questo più apprezzata. Chi lo ha visto giocare racconta che contro i difensori più violenti e biechi il suo divertimento maggiore era dribblarli più volte nella stessa azione: li dribbla una volta e poi li aspetta ancora per un nuovo dribbling… un po’ come fa il torero con il toro.

Quando torna dall’ennesima estate di bagordi ed “esperienze varie”, però, è evidente che Robin ha perso qualcosa della sua brillantezza e abilità. È sempre più evidente che Robin è un abituale consumatore di droghe e questo tiene lontane diverse grandi squadre (QPR e West Ham) che si erano mostrate interessate. Si aggiunga a questo il fatto che i calciatori del Reading sono ai ferri corti con il Club, reo di non aver mantenuto le promesse economiche fatte al momento della promozione. Charlie Hurley minaccia più volte di dimettersi e, senza il suo mentore e l’unico che abbia in qualche modo saputo gestirlo, per Friday è l’inizio della fine al Reading.

Comunque, malgrado Robin fatichi a ritrovare lo smalto delle stagioni precedenti, la sua fama è ancora intatta. Per lui arriva, infatti, un’eccellente offerta del Cardiff, squadra di Seconda Divisione. Sono quasi 30.000 sterline. Meno di quello che avrebbero potuto guadagnare dalla sua cessione solo pochi mesi prima, ma comunque una cifra di tutto rispetto. Friday non è contento di andare a Cardiff: troppo lontano da casa e con uno stipendio troppo basso. Ma il Reading minaccia di rescindergli in contratto. E così il 30 dicembre 1976 Robin Friday diventa un giocatore del Cardiff, Seconda Divisione inglese.

L’inizio è il peggiore possibile. Al suo arrivo alla stazione centrale di Cardiff, Robin Friday viene arrestato: ha viaggiato da Londra senza biglietto. Il suo nuovo manager Jimmy Andrews va a prelevarlo alla stazione di polizia, paga la multa e lo porta in sede per la firma. Tutto questo solo due giorni prima del suo esordio in prima squadra, previsto per il primo dell’anno in un match casalingo contro il Fulham, la squadra che vede nelle sue file i due forse più grandi calciatori britannici di qualche anno prima: Bobby Moore e George Best.

È la partita che vi abbiamo raccontato all’inizio. Sembra l’inizio di una meravigliosa storia tra Robin Friday e il Cardiff e, chissà, magari anche il salto definitivo verso una consacrazione ad ancora più alti livelli che sicuramente è nelle “corde” di Friday. Ma non accadrà niente di tutto questo, e Friday finirà la stagione segnando in totale sette reti e alternando prestazioni eccellenti ad altre assolutamente abuliche.

Friday si allena sempre meno, torna spesso a Londra e a volte si presenta per la partita venti minuti prima dell’inizio. E Jimmy Andrews non è Charlie Hurley. Non c’è il perdono o la pacca sulla spalla compassionevole e nemmeno la chiacchierata a quattr’occhi da padre a figlio che ha sempre (più o meno) rimesso in carreggiata Robin. La pazienza del manager è agli sgoccioli, e quando, dopo la pausa estiva, Friday si presenta in condizioni disastrose a causa di una grave forma di dissenteria che gli ha fatto perdere più di 10 kg, Andrews capisce che la sua salute e lo stato fisico sono ormai compromessi.

Nonostante questo Friday viene curato ed aspettato per due lunghi mesi prima che possa essere in condizioni di forma sufficienti a rimandarlo su un terreno di gioco. Il suo rientro avviene in un match di campionato a Brighton, dove ha come avversario diretto Mark Lawrenson, giovane e fortissimo difensore centrale che diventerà uno dei pilastri del Liverpool e della Nazionale Irlandese. Lawrenson gioca duro ma soprattutto lascia poco spazio a Friday, che non riesce ad esprimersi ai suoi livelli di sempre. Durante l’ennesimo anticipo in scivolata di Lawrenson e mentre l’irlandese è ancora a terra, Friday non trova di meglio che rifilargli un calcio in pieno volto. Espulsione immediata e partita persa dal Cardiff per 4 a 0.

Non pago di avere arrecato un danno a se stesso e al suo team, pare che Robin, infilando il sottopassaggio dopo l’espulsione, si sia recato nello spogliatoio del Brighton per lasciare un ricordo “solido” nella borsa degli indumenti di Lawrenson. È ovviamente la goccia che fa traboccare il vaso. Friday viene squalificato e multato pesantemente dal Club. Di lui si perderanno le tracce per oltre un mese fino a quando si ripresenterà per il suo ultimo match con il Cardiff, una sconfitta esterna a Bolton. Dieci giorni dopo Robin Friday, il 20 dicembre del 1977 e a soli venticinque anni, lascerà definitivamente il calcio.

Robin torna a Londra e, dopo il divorzio dalla seconda moglie, riprende a lavorare in cantiere. Al Reading nel frattempo sono state raccolte oltre 3.000 firme tra i tifosi e consegnate alla società. Nella petizione c’è scritto di riportare Robin al Reading.

Maurice Evans, il nuovo manager dei Royals, lo contatta e gli chiede di tornare a giocare all’Elm Park, dove tutti lo rivogliono. «Figliolo, se metti in ordine la tua vita tu puoi ancora arrivare dove vuoi nel calcio, anche in Nazionale» gli dice Evans. «Quanti anni ha Boss?» gli chiede Friday. «Quarantuno» è la risposta di Evans. «Bene. Io ho più o meno la metà dei suoi anni ma ho già vissuto il doppio di lei».

Per Robin Friday la discesa verso l’inferno è già cominciata. Un terzo matrimonio fallito, il ritorno a vivere con i genitori prima di riuscire ad avere un piccolo appartamento concesso dallo Stato a persone non abbienti. Finirà ancora in carcere per aver sequestrato droga a dei giovani spacciatori fingendosi un agente di polizia. La sua vita avrà termine nel suo piccolo bilocale di Acton tre giorni prima del Natale del 1990, molto probabilmente per una overdose di eroina. Robin Friday ha 38 anni.

Resterà sempre il dubbio su dove sarebbe potuto arrivare con il talento che madre natura gli aveva regalato. Per chiunque lo abbia visto giocare è fuori discussione che la meta dovesse essere la Nazionale.

Robin non ha mai avuto questo rimpianto. Lui ha preferito vivere una vita al massimo, bruciando come una stella cadente ma, sebbene per poco, illuminando la scena e regalando davvero tanta gioia a chi ha avuto la fortuna di vederlo in azione.

Non è un caso se sia il Reading che il Cardiff (dove ricordiamolo giocò solo 21 partite) lo hanno votato rispettivamente come “Giocatore del secolo” e “Cult hero della storia del Club”.

Questa è la storia di Robin Friday, “il più grande calciatore che nessuno (o quasi) ha mai visto”

ANEDDOTI E CURIOSITÀ

Al rientro da una delle sue famose estati nella comune hippy in Cornovaglia Robin torna con dei tatuaggi su tutte le dita di una mano. I tatuaggi iniziano a fare infezione e devono essere rimossi chirurgicamente… con il risultato che Friday per un mese si allenerà con un gesso a proteggergli la mano.

Il 9 aprile 1975 il Reading ospita il Rochdale per una partita di campionato. Il risultato è bloccato sull’1 a 1 quando Friday si inventa un dribbling e poi un gran destro da fuori area che si infila all’angolino.

È l’ultimo minuto del match.

Robin corre verso i suoi tifosi e quando arriva sotto la curva trova un poliziotto rimasto imperterrito nonostante la scatenata esultanza in campo e fuori.

Friday gli si avvicina e non trova di meglio che schioccargli un bacio in piena fronte.

Il poliziotto continua a non muovere neppure un muscolo … e intanto viene giù lo stadio!

È il 31 marzo 1976 e ad Elm Park si gioca probabilmente il match decisivo nella corsa alla promozione di Division 3. Di fronte al Reading, 4° in classifica c’è il Tranmere Rovers che è un gradino sopra i “Royals”.

Vista l’importanza del match, viene mandato addirittura l’arbitro internazionale Clive Thomas, probabilmente il miglior fischietto inglese dell’epoca.

La partita è già sul 2 a 0 per il Reading quando Gary Peters, il terzino destro del Reading dalla difesa lancia un lungo pallone in diagonale, sulla sinistra, verso Robin Friday.

Friday salta a stoppare la palla di petto e, appena rimette i piedi a terra, si lancia in una rovesciata volante.

Siamo a 30 metri dalla porta. Il pallone si infila sotto l’incrocio dei pali della porta del Tranmere.

Ci sono un paio di secondi di assoluto silenzio, dettati dall’incredulità di compagni, avversari e spettatori. Poi un boato. Perfino l’arbitro Thomas si porta le mani alla testa in un gesto di assoluta incredulità.

«Non ho mai visto un goal più bello in vita mia. Eppure ho visto segnare dal vivo Pelé, Cruyff e Best» racconterà in seguito Thomas.

A fine partita andrà addirittura a fare i complimenti a Friday. «Complimenti, figliolo; è il goal più bello che io abbia mai visto»gli dirà ammirato.

Solita, meravigliosa risposta di Friday:«Beh!, dovrebbe venire da queste parti un po’ più spesso. Io goal così li faccio tutti i sabati».

Durante una trasferta in pullman la squadra transita nei pressi di un cimitero. Friday chiede di fermare il bus. Scavalca il cancello, entra nel cimitero e quando torna sul bus ha con sé diversi angioletti di marmo staccati dalle lapidi che sistema tutt’intorno al presidente del Club Frank Waller, che sta dormendo beatamente.

«Così quando si sveglierà penserà di essere andato in Paradiso» è la giustificazione di Robin.

Il 5 agosto 1976 è la data del secondo matrimonio di Friday. La televisione locale, la Southern Television, decide di riprendere l’evento. In una delle prime sequenze si vede Robin Friday, giacca di velluto, camicia tigrata aperta sul petto e stivali da cowboy “rollarsi” una canna seduto sulle scale della chiesa.

Il resto del matrimonio entrerà nella leggenda locale.

Scazzottate tra i “locali” e gli amici di Robin provenienti da Londra, i cocktail serviti al matrimonio allungati con pasticche di LSD e uno dei regali più ambiti della coppia, una grossa busta contenente Hashish, rubata durante il pranzo nuziale.

Una delle imprese che descrivono meglio la sua “pazzia” Robin la compì durante una trasferta. La squadra passò in Hotel la notte precedente il match, e Robin prima si ubriacò a livelli storici, quindi passò al lancio delle palle da biliardo contro i lampioni all’esterno dell’albergo per poi sparire in giardino.

Quando rientrò si presentò alla reception completamente NUDO e portando con sé un cigno.

Alla domanda su cosa ci facesse con un cigno nella reception di un albergo, Robin rispose:«Ci facciamo compagnia. Era solo là fuori e anche lui, come me, si stava annoiando»

Questa storia è una delle 27 raccontate nel mio libro “Mavericks e cult heroes del calcio britannico”, edizioni Urbone:

http://www.urbone.eu/obchod/mavericks-cult-heroes-del-calcio-britannico

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