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giovedì 10 Ottobre 2024
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Mi chiamo Alan e oggi ho detto di no al Manchester United

3 ' di letturaLa questione sembrerebbe semplice a chiunque ragioni usando un minimo di cervello. Al Manchester United non si può mica dire di no! Punto e basta. E’ quello che deve aver pensato anche Alex Ferguson quando mi ha telefonato. Mi ha fatto una buona offerta e mi è parso un tipo burbero, ma concreto. Io e il mio agente ne stiamo parlando da giorni.

Cristo, sarebbe un’autentica passeggiata alzare quella cornetta e richiamare. “Mister? Hey mister! Scusi davvero tanto se ci ho pensato su troppo a lungo, chiaramente vengo allo United, anche a piedi”. Ecco, che ci vuole?

Invece non lo trovo per nulla facile. Fuori dalle vetrate opacizzate di quest’albergo esplode l’estate del 1992 e, credetemi, mai avrei pensato che potesse essere così incasinata. Forse ha a che fare con la mia indole: io sono fatto così, non posso cambiarmi per piacere agli altri. Più le cose sono scontate, più la scanso. O meglio, le dribblo. Mi attirano molto di più le sfide improbabili, il calore della gente assiepata sugli spalti, una manciata di pacche sulle spalle nel pub di turno.

Per il momento sono ancora un giocatore del Southampton, ma durerà poco. Devo solo decidere quale contratto firmare. Kenny è un uomo totalmente diverso da Alex. Sono proprio agli antipodi. Ora è andato di là a mettere su due tazze di tè. Prima mi ha raccontato che Jack Walker ha deciso di fare maledettamente sul serio: succede quando vendi le acciaierie di famiglia e ti ritrovi in tasca un gruzzolo da 330 milioni di sterline. A quel punto anche una squadra come il Blackburn può sognare forte.

Il problema è che Ferguson mi ha fatto soltanto una telefonata: il tono era deciso, ma distaccato. E’ stato tutto rapido, come se non ci fosse nemmeno da discuterne. Lo United si accetta e basta.

Kenny Dalglish, invece, ha voluto incontrarmi di persona. Ora mi porge una tazza fumante. Siamo uno di fronte all’altro, su questi divani di pelle lucida nella suite dell’Haydock Park Hotel, proprio sulla M6. Pensate: Kenny ha chiesto alle nostre compagne di uscire a fare shopping insieme.

Adesso mi fissa dritto negli occhi: mi chiede di papà, della mia famiglia, della mia infanzia. Di quello in cui credo. Si è scomodato di persona e gli interessa sapere tutto di me. Non gli basta conoscere l’Alan centravanti: vuole capire con che uomo ha a che fare.

Ancora non posso saperlo, ma sto per mandare al diavolo i diavoli. Sto per firmare un contratto di quattro anni con il Blackburn Rovers. E non so nemmeno che di qui a due anni solleverò il titolo di campione d’Inghilterra con questa maglia, mettendo via un bottino illegale di 34 gol in stagione.

Non riesco ancora a darle un nome, a quella felicità che resta sospesa: fluttua nell’aria in attesa di conoscermi, impaziente. Per il momento posso soltanto accarezzare l’idea. Mollo la tazza di tè ed afferro la penna. E’ fatta. La natura non la cambi. Ci puoi provare, ma non serve: le emozioni non si comprano con un assegno e io so che posso sentirmi vivo solo così.

Stringo forte la mano di Kenny, fino a stritolarla. Forse sono un folle, ma va bene così. Non so ancora come sarà, ma me lo immagino bellissimo.

Cominciamo, Blackburn Rovers.

 

 

 

 

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Paolo Lazzari
Paolo Lazzari
Giornalista

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