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venerdì 26 Aprile 2024
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L’importanza di essere Sean Dyche: scrivi calcio inglese, leggi Burnley Football Club

3 ' di letturaSporchi, brutti, spigolosi, cattivi: in una sola parola, inglesi. Se esiste una squadra capace di incarnare tutti i valori più ancestrali del calcio britannico, quella è il Burnley Football Club di Sean Dyche.

Dalle parti del Turf Moor (costruito nel 1883, terz’ultimo per capienza in Premier League) forse non se la godono come un paio d’anni fa, ma il concetto non cambia. Il football più britannico, quello rude, tutto aggressione e palle lunghe, lo giocano proprio i Clarets.

I Clarets festeggiano un gol

Quella del Burnley non è solamente una filosofia di vita: è una stramaledetta missione. Nel gennaio 2017 uno sconvolto Pep Guardiola strappa un soffertissimo 2-1 contro la banda di Dyche. A fine gara si avvicina al suo collega e pronuncia le seguenti parole: «Sei il primo allenatore contro cui non sapevo come giocare, ci avete aggredito, avete questo gioco lungo, molto rapido… ho dovuto cambiare sistema di gioco due/tre volte durante la partita, ci avete messo molto in difficoltà».

Perché il Burnley è il prototipo della fierezza british. Non ha paura di cercarti alto, di venirti a prendere. Se conquisti palla, ti bracca come un bulldog assetato di sangue e caviglie. Quando ha la sfera tra i piedi, apre largo per le classiche ali che mettono in mezzo per il centravanti, oppure cerca direttamente la punta per trovare sponde e sportellate.

I Clarets sono l’archetipo di ogni estremismo, dell’esaperazione applicata al calcio, dell’identità tattica da difendere al costo della vita. In un’intervista di qualche tempo fa Paolo Di Canio raccontava: “L’Inghilterra e la Premier League sono un altro mondo rispetto all’Italia. Prendete i calciatori del Burnley: non hanno timore di nulla, il loro modo di calciare la palla è diverso dal nostro. Sanno essere brutali, violenti, cattivi, sempre mantenendo saldo il rispetto degli avversari”.

The Royal Dyche: qui il manager beve sempre gratis

Non è un caso se nel 2017, l’anno di grazio del regno di Dyche – un ex difensore dai capelli pel di carota al quale verrà intitolato anche un Pub, il The Royal Dyche – le statistiche raccontano la meravigliosa inglesità del club. Secondo in Inghilterra per palloni spazzati (circa 32 a partita). Primo per duelli aerei vinti (22,5 %) e primo per precisione nei cross (26%). Non è tutto: sempre in quell’anno i Clarets sono primi di gran lunga per quantità di conclusioni avversarie respinte dai difensori (circa 6 a partita) e murano la loro area come una roccaforte: solo il 6% dei tiri arrivano dall’interno, mentre il 50% giunge da fuori. Per il resto, un calcio kick & run dal sapore antico.

“Non seguiamo una fede cieca, ma abbiamo un ottimismo autentico”, ha dichiarato una volta Dyche, l’autore del manifesto più incredibilmente britannico di questo modo di interpretare ogni sfida. Siete più forti tecnicamente? Non c’importa. State attenti. Siamo il Burnley. Siamo inglesi. Non ci arrenderemo mai.

Sean Dyche: grinta da vendere

 

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Paolo Lazzari
Paolo Lazzari
Giornalista

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