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5 cose che probabilmente non sapevi su Didier Drogba

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Con 372 gol fra squadre di club e nazionale, Didier Drogba è stato uno degli attaccanti più forti e prolifici della propria generazione. Insieme a Weah ed Eto’o rappresenta nell’immaginario collettivo il top nella categoria dei centravanti provenienti dall’Africa.

CALCIO, UN AFFARE DI FAMIGLIA

Anche se Didier è l’unico ad aver sfondato a grandi livelli, quella per il calcio è una attitudine estesa a gran parte della famiglia Drogba. I fratelli Freddy e Joel, rispettivamente centrocampista e attaccante, hanno calcato i campi francesi con poca fortuna, prima di ritirarsi senza cogliere particolari successi. Ci hanno provato anche i cugini Severin Drogba e Olivier Tébily. Quest’ultimo con discreto successo, arrivando a vestire le maglie di Sheffield e Celtic. Anche Kenneth Zohore, attaccante danese di origine ivoriana del West Bronwich (passato senza lasciare traccia dalla Fiorentina), è parente alla lontana di Drogba, precisamente cugino di secondo grado. Seppur non abbia mai giocato in squadre importanti, è stato calciatore anche lo zio di Didier, Michel Goba. Fu proprio lui ad accogliere in Francia il nipote e a indirizzare verso la carriera calcistica Didier, che da giovane avrebbe voluto fare… il medico!

INIZIARE COL PIEDE GIUSTO…

La prima regola quando si è nuovi arrivati in un gruppo di giocatori? Entrare nelle grazie del capitano, ovviamente. Ebbene, quando nel 2004 si trasferì dal Marsiglia al Chelsea, Drogba non era molto informato sulla Premier League, per usare un eufemismo. Si arrivò dunque al primo allenamento con i Blues, utile all’attaccante ivoriano per familiarizzare con l’ambiente e i nuovi compagni di squadra. Alla vista di uno spilungone che giocava al centro della difesa, Drogba pensò che si trattasse di un giovane promettente che era stato aggregato alla prima squadra per fare esperienza. Quando alla fine della sessione chiese a un compagno chi fosse quel ragazzone, la risposta deve averlo spiazzato non poco: “Quello è il capitano” (John Terry, ndr). Insomma, quando si dice iniziare col piede giusto. Per fortuna quella gaffe non pregiudicò l’avventura del forte centravanti al Chelsea, dove al contrario vinse una Champions, quattro campionati, due titoli di capocannoniere, oltre a divenire il primo calciatore africano a segnare 100 reti in Premier League.

SENDEROS E LA SINDROME DA DROGBA

Ricordate Philippe Senderos? L’ex difensore svizzero, che ha vestito anche la maglia del Milan senza fare faville, ha legato la propria carriera soprattutto ai colori dell’Arsenal. Come rivelato dall’ex compagno nei Gunners Gallas (che ha giocato anche con Drogba al Chelsea), pare che il marcatore soffrisse tantissimo l’idea di dover affrontare sul campo il forte centravanti della Costa d’Avorio, fino al punto di avere degli attacchi di panico. “Si vedeva che sudava freddo e non si sentiva bene – ha raccontato Gallas in un’intervista a RMC – Gli succedeva con alcuni giocatori e soprattutto contro Drogba. Era talmente impanicato che sembrava stesse già giocando il match prima ancora di scendere in campo. Sfortunatamente le sue paure si riflettevano poi durante la partita. Contro Didier perdeva tutte le sue abilità, ma, stranamente, giocava molto meglio contro gli altri avversari”. Drogba, in 15 sfide contro l’Arsenal è andato a segno ben 13 volte. Memorabile la finale di coppa di Lega del 2007, quando i Gunners caddero per 2-1 sotto i colpi dello scatenato Drogba, che con la sua doppietta sovrastò il povero Senderos, incapace di arginare l’avversario. Qualcuno ha detto bestia nera?

UNA BAND FORMATA DA COMPAGNI DI SQUADRA?

Uno fa il batterista, l’altro il chitarrista, tu basso e tastiere, io voce”, recitava una vecchia canzone di Ligabue (sogni di rock ‘n’ roll). La strampalata idea venne nel 2010 a Florent Malouda, ex esterno di attacco che al Chelsea ha condiviso con Drogba le migliori stagione della propria carriera. Il francese avrebbe dovuto suonare la batteria, mentre Drogba, grande appassionato di basso elettrico (ne possiede uno regalato dal rapper haitiano Wyclef Jean), si sarebbe cimentato appunto con le quattro corde. Il cantante, nei piani dell’ex ala, sarebbe potuto essere uno fra John Terry e Joe Cole, che nello spogliatoio erano i migliori a cantare, almeno secondo Malouda. ”Siamo solo all’inizio del cammino e stiamo provando a far partire qualcosa di speciale – dichiarò l’esterno all’epoca – Quando saremo pronti, vi mostreremo i risultati. L’ispirazione mi è venuta quando ho visto i Coldplay a Wembley, uno dei più bei spettacoli a cui abbia mai assistito”. Peccato che il progetto evidentemente non deve aver dato i frutti sperati. Sarebbe stato divertente vedere i nostri sopra un palco a cantare In my place.

QUEL SELFIE CON MBAPPÉ, IN RITARDO DI DIECI ANNI

Avete presente il selfie che Drogba si è scattato con Kylian Mbappé, durante la cerimonia della consegna del pallone d’oro 2019? Per quale motivo un ex campione, per l’occasione presentatore d’eccezione della serata, dovrebbe chiedere una foto a una giovane stella in rampa di lancio? Il motivo risiede in una serata di dieci anni prima, che si rivelò amara per l’attaccante e il suo Chelsea. Si giocava la semifinale di ritorno di Champions League a Stamford Bridge, avversario il Barcellona di Messi, Ronaldinho ed Eto’o. L’uno a uno che maturò a Londra qualificò in finale i catalani, in virtù dello 0-0 dell’andata. Quel che è rimasto nella memoria comune di quel match, sono le accesissime proteste della squadra di casa, che si sentiva molto penalizzata dalle decisioni dell’arbitro. Drogba, in modo particolare fu uno dei giocatori a protestare con maggior enfasi e rabbia. In seguito al nervosismo e alla frustrazione per quella partita storta, il bomber ivoriano negò una foto che aveva promesso a un bambino. Ogni promessa è un debito, e quel debito Drogba lo ha saldato dopo un decennio, proprio al gala del pallone d’oro. “Ho saputo che quel bambino era Mbappé e così ho l’opportunità di saldare il mio debito”, ha spiegato l’ex campione davanti alla platea del teatro Chatelet di Parigi. Per la serie meglio tardi che mai… 

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