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Quel folle United: dall’anonimato al treble

5 ' di lettura“In psicologia, psichiatria e nel senso comune con il termine follia si indica genericamente una condizione psichica che identifica una mancanza

di adattamento”. Questo è ciò che Wikipedia offre per la definizione di follia. Ed in un certo modo è quello che succede al Manchester United.

Facciamo un passo indietro. È il 6 novembre del 1986 quando un certo Alex Ferguson firma il contratto con i Red Devils. I tifosi sono a dir poco scettici sulla scelta del nuovo tecnico. Non tanto per la provenienza del mister, i preconcetti sugli scozzesi in quel di Manchester sono stati smentiti dalla leggenda Matt Busby. I pregiudizi nascono dagli effettivi risultati dell’allenatore che finora aveva diretto una squadra solamente in Scozia. Ottimi i risultati ottenuti con l’Aberdeen, ma Manchester vuole di più, loro non sono una mezza squadretta scozzese. Lo United ha bisogno di tornare ai vertici, non succede dall’era Busby che la squadra del North West risiedi nei posti d’onore del calcio inglese. E quel Ferguson cosa voleva dare?

L’inizio traballante di Ferguson

Da lì a poco le carte sarebbero state scoperte. La stagione d’esordio è stata a dir poco deplorevole: un misero undicesimo posto in Premier (allora First Division) ed un quarto turno in FA Cup. I sostenitori gridano subito all’esonero, non si capacitano di come un inetto tale sia arrivato fino a fine stagione. Quello che non sapevano i ragazzi della Firm è il grandissimo lavoro che “lo scozzese” stava facendo con il settore giovanile. Se la “cantera” dello United è una delle migliori al mondo, è grazie a quel Ferguson ed i suoi metodi che vengono utilizzati ancora oggi. Passo dopo passo, in prima squadra venivano integrati profili che avrebbero rappresentato la colonna portante del Manchester United.

Per veder alzare il primo trofeo a quel nuovo Manchester bisognerà aspettare tre anni. Nella stagione 1989/1990, la truppa dei Red Devils conquistò la FA Cup. Nonostante i risultati non furono eccelsi, Ferguson si era guadagnato la fiducia della presidenza che non ci pensava minimamente ad esonerarlo. Da lì arriveranno quattro campionati, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e vari trofei nazionali. Era tornato l’entusiasmo, e con lui però anche la brama per la Coppa dalle grandi orecchie, che mancava da ben 31 anni. La stagione 94/95 riporterà tutti con i piedi per terra con dei risultati indegni rispetto a quelli precedentemente ottenuti. Urge una rivoluzione, e Ferguson ne prende atto. L’arrivo in prima squadra di Ryan Giggs di alcune stagioni prima sarà solo l’inizio di una stupenda campagna giovanile. Raggiungono il loro capitano i fratelli Neville (Gary e Phil), David Beckham, Nicky Butt e Paul Scholes.

Mossa più azzeccata non potette fare. Era ciò che serviva alla squadra ed ai tifosi: campionati su campionati, con coppe nazionali a profusione. Si arriva alla stagione 1998/1999 con un po’ di rammarico per i risultati quasi decenti della stagione successiva, ma comunque pieni di eccitazione. Impeto contagiato proprio da quei piccoletti che lo scozzese ha portato in prima squadra: non si fermano un secondo, lottano su ogni pallone ed hanno dei piedi fantastici. Quella stagione si rivelerà a dir poco folle.

Capitolo Premier

La corsa al titolo non sarà una passeggiata nonostante le sole tre sconfitte subite. A battagliare c’è un Arsenal più che determinato nel riportare lo scudetto nel Nord di Londra. Non erano dello stesso parere David Beckham ed Andy Cole. Dopo aver sorpassato i Gunners alla penultima giornata, lo Spice Boy e “l’altro” dei Calypso Boys segnano due reti decisive per la rimonta sul Tottenham. Un paio di goal straordinari, il tiro del numero 7 e l’aggancio del numero 9 sono cose da far vedere alla scuola calcio. Quella squadra rappresentava la poesia messa in campo. Come ciliegina sulla torta arrivò per l’ennesima volta la FA Cup vinta contro il Newcastle con un altro 2-1. Però il puzzle doveva essere ancora completato, mancava il pezzo più importante.

La scalata in Champions

Il percorso in Champions League se possibile sarà ancora più difficile di quello in campionato. I Red Devils vengono inseriti in un girone di ferro: Bayern Monaco e Barcellona faranno di tutto per fermare il percorso degli inglesi. I bavaresi riusciranno ad imporsi a differenza dei blaugrana che lasciarono campo aperto al passaggio del Manchester. Passando come miglior seconda, lo United si trova di fronte l’Inter ai quarti di finale che liquiderà con un secco 3-1 totale. Italia ancora presente sul percorso dello United con la Juventus, squadra vincente pochi anni prima. La questione qui si farà molto più complicata rischiando l’eliminazione fino all’ultimo. Ma si sa, quel Manchester United si esaltava in condizioni sfavorevoli. Juventus arginata con un 3-2 al ritorno ed accesso alla finale guadagnato. I ragazzi di Ferguson non arrivavano a quel punto dal 1968, anno in cui quella Champions Charlton e compagni se la sono portata a casa.

The final

I Red Devils però approdano in finale con tutti gli sfavori del pronostico. Gli sfidanti sono ancora una volta quelli del Bayern Monaco, arrivati in finale dopo aver sconfitto per un pelo la Dinamo Kiev di Shevchenko. Gli addetti ai lavori danno già per spacciati i “ragazzini” contro i giganti teutonici. Kahn e compagni se li sarebbero mangiati a colazione. Lo United è letteralmente a pezzi per quella stagione infinita che non sembrava avere né capo né coda. Al Camp Nou di Barcellona scendono in campo i “bambini” contro gli “adulti”, un risultato già scritto che avrebbe dato il degno addio alla leggenda Matthaus. Quattro (Beckham, Giggs, Butt, Neville) dei talenti della cantera saranno protagonisti di quella finale. Un pezzo di Italia ci sarà ancora nel percorso degli inglesi con Pierluigi Collina che arbitrerà il match. Con una punizione a regola d’arte di Mario Basler, il Bayern è già avanti al quinto minuto. I tedeschi amministrano bene per tutta la gara il vantaggio. Lo United che appare assente non riesce a mettere in campo il potenziale mostrato per tutto l’anno.

“Beckham, it’s Sheringam, and Solskjær”

Il calcio però non finisce mai di sorprendere. Verso la fine della partita, Ferguson manda in campo Sheringam e Solskjær, due giovani attaccanti che non sono mai stati impiegati più di tanto. La tifoseria non ripone in loro le speranze di vittoria, sono già rassegnati ad accontentarsi del double. Più volte però i due andranno vicinissimi alla rete del pareggio. Collina concede 3 minuti di recupero che rappresenteranno la zona Cesarini per eccellenza di tutta la storia del calcio. È Sheringam ad aprire le danze. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, prolunga un tiro innocuo di Giggs ed è1-1. La partita sembra andare verso i supplementari, ma il dio del calcio non vuole quel risultato. L’asse Sheringam-Solskjær farà guadagnare la Champions League più strana di sempre ai Red Devils con un altro tiro sporcato questa volta dal norvegese. Esplode la festa e sorride quel Ferguson che tanto è stato criticato.

Magia o follia?

La storia del Manchester non ha bisogno di presentazioni. Da quel giorno in poi, Ferguson non si separerà mai dal suo United. Quella finale avrà influito nel rapporto? Sicuramente si. Ma è tutto l’ambiente dei Red Devils che da quel giorno è diventato magico. E se si vuol credere nella magia, un po’ folli bisogna pur esserlo.

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