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Jurgen Klopp e il Liverpool 2020: at the end of the storm

"Scusate se avete dovuto aspettare 30 anni!"

5 ' di lettura

“…don’t be afraid of the dark. At the end of a storm there’s a golden sky…”

Si alza un coro, in piena notte, sulla metà rossa di Liverpool. Come tante altre volte ad Anfield Road: ma questi sono altri tempi… non si può entrare allo stadio, ma fuori la gioia è troppo incontenibile per rispettare le ultime norme di sicurezza retaggio della pandemia.

Il merito di questo va molto al direttore d’orchestra di questa squadra multietnica, che sembra muoversi al ritmo della miglior canzone di hard rock. Le redini le ha tirate lui. Lui che arriva da lontano, dalla Foresta Nera: Jurgen Norbert Klopp. Il “Normal one” come si era subito definito. Tedesco granitico, dal sorriso affabile e contagioso e dallo sguardo quasi timido, ma di ghiaccio quando serve. Umile: perché abituato a lottare e a meritarsi le proprie soddisfazioni, con duro lavoro e senza pretendere. Presentatosi in punta di piedi, quasi con timore reverenziale, in quel tempio sulle sponde del grigio Merseyside. Come fosse un signor nessuno, quando invece era reduce da un altro tempio del calcio, seppure forse più popolare: il “Westfalenstadion” di Dortmund, dove aveva praticamente costruito una corazzata, quella del Borussia, spinta dal famoso muro giallo compatto di tifosi, che ad ogni partita si ergono a difesa e supporto dei propri beniamini con meravigliose coreografie.

Jurgen nasce a Stoccarda il 16 giugno 1967 e cresce nel paesino di Glatten, dove tira i primi calci al pallone. Gira un po’ di città, finché mette momentaneamente radici a Magonza: sedendosi in panchina, nel 2001, dopo il ritiro dal calcio giocato. Lì lascia un doppio segno: rimane il miglior marcatore nella storia del club e, da allenatore, li porta fino in Coppa Uefa. Salvo poi retrocedere… ma ormai, qualcuno, si è accorto di lui: e nel 2008 lo vogliono in Vestfalia. Ecco: se c’è una cosa che si può dire con certezza di Klopp, è che è sempre stato l’uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto. Prende in mano una squadra che ha già un nome ad alti livelli, ma che vuole tornare a competere ai vertici tedeschi ed europei e vincere. E in 7 anni ci riesce, con un lento e certosino lavoro di studio e costruzione. Conquista 2 scudetti, 1 coppa e 2 supercoppe di Germania; sfiora di pochissimo la Champions League nel maggio 2013, perdendo per una sola rete di difetto, contro il solito rivale Bayern di Monaco.

Liverpool è nel suo destino: entrambe le tifoserie cantano infatti a gran voce “You’ll never walk alone” come inno. La partita di Champions League del 14 aprile 2016 è forse una delle più belle degli ultimi anni. Per il tifo: circa 50.000 persone che, ad inizio match, alzano il proprio coro e le proprie sciarpe, simultaneamente, fondendosi in un blocco unico giallo, nero, rosso e bianco. Per il gioco: con gli Schwarzgelben che piazzano subito una doppietta in 9 minuti, Origi che accorcia le distanze 40 minuti dopo, Reus che va a segno ad inizio secondo tempo, Coutinho a tener vive le speranze al 66°, Sakho che tiene botta e ristabilisce la parità al 77° e Lovren a far esplodere la Kop al 91°! Gli home passano il turno e continuano il proprio cammino… Klopp non ha infartato per poco, nonostante l’aplomb crucco misto ad inglese… La partita del cuore, per lui.

Quando arriva, nel 2015, per prima cosa: invita a lavorare duramente, senza fretta o “grilli per la testa”, tutti quanti l’uno accanto all’altro. Tutti, all’interno della squadra, col proprio ruolo (dal magazziniere al bomber), daranno il loro contributo alla causa e collaboreranno per la realizzazione di ogni singola vittoria. Non sarà tutto rose e fiori… ma l’impegno non deve mai mancare. “Non toccate la scritta ‘This is Anfield’ fin quando non diventeremo leggende”. Testa bassa e avanti. E da quelle parti hanno soprattutto un sogno, che non vivono da troppo tempo: il titolo di campioni della Premier League. L’ultima volta era stata nel 1990… quanti giocatori hanno vestito quella maglia, da allora… quanti hanno corso, speso sudore e lacrime, ma quel traguardo proprio non erano riusciti ad agguantarlo… Lo sa bene Steven Gerrard: e non solo lui. Lo sanno bene Robbie Fowler e Steve Mc Manaman. Lo sa bene Kenny Dalglish, fautore di quel successo. E la lista potrebbe continuare…

E ieri sera, quel sogno ormai diventato una chimera, si è avverato. Ma che fosse la volta buona: si era capito un anno fa. Che il Barça non fosse imbattibile, lo sapevamo; ma quello che successe ad Anfield, in C.L., il 1° maggio del 2019, ha di nuovo i contorni dell’epica. Reduci da un 3-0 in terra catalana, non si scompongono, prendono fiato e colpiscono: Origi e Wijnaldum si alternano a piazzare in rete i 4 gol ispirati dai compagni. L’armata rossa affonda così i blaugrana. E quello che succede poco tempo dopo, è la logica conseguenza di quel cammino inarrestabile: battono gli Spurs al “Wanda Metropolitano” di Madrid con un secco 2-0, vincendo la 6° Coppa dei Campioni. Successo sfuggito a Kiev, contro il Bayern Monaco (ancora loro) un anno prima: facendo sussurrare a più di qualcuno che Klopp era l’uomo delle finali perse… Ad oggi possiamo dire che la sua filosofia di gioco e di gestione ha vinto: e che del perdente, non ha davvero nulla. E stanotte era lì, tra la gente che lo ha accolto a braccia aperte, fregandosene della rivalità storica con la Germania, adottandolo nella propria grande famiglia. Ma soprattutto ha vinto la passione per il calcio: sua e di quanti è riuscito a riunire e compattare attorno a lui.

Parla con le lacrime agli occhi: “Scusate se avete dovuto aspettare 30 anni!” e dedica questo agognato titolo anche a chi ha vestito questa gloriosa maglia negli anni scorsi. E pazienza, alla fine, se ci si è messa di traverso pure una pandemia, a tenere tutti col fiato in sospeso… Il campionato è ripreso, hanno lasciato un punto sul terreno dei rivali cittadini Toffees, a Goodison Park, e mercoledì hanno asfaltato il Crystal Palace ad Anfield; poi, ieri sera, i Citizens sono andati a prenderle a Stamford Bridge e i conti sono matematicamente e magicamente tornati… Sono le 23:09 del 25 giugno 2020 e il Liverpool F.C. è, finalmente, dopo 30 lunghissimi anni, campione d’Inghilterra! E questo giorno, anzi, questa notte, passerà alla storia. Il deutsch ha costruito la squadra anno dopo anno, tassello dopo tassello, cambiando solo il necessario e mescolando talenti, promesse e campioni: quasi fosse il miglior allievo del grande Sir Alex Ferguson (peccato sia successo sulla panchina sbagliata – e lo dico da tifosa Red Devils con un bel po’ di invidia).

A novembre 2019 ero a Wembley per la nazionale inglese e mi ero fermata a chiacchiere con uno della sicurezza: si chiama Djogo, ha 28 anni, di padre brasiliano e madre proprio di Liverpool. Mi racconta che la mamma è un’appassionata come me, però accanita tifosa dei Reds. Ha appena scoperto di avere un tumore e “Spera è di riuscire a vedere il suo Liverpool campione, prima di morire”. Jurgen Klopp ha regalato un sogno a migliaia di persone: chissà se la signora ce l’ha fatta e ha pianto anche lei di gioia… Io, invece, in questa lunga notte scura, mi sono seduta idealmente sulla panchina fuori dall’Old Trafford, come feci due giorni dopo quella serata: guardo qualche km in direzione ovest… chissà se anche noi passeremo attraverso la tempesta e torneremo, finalmente, a riveder le stelle… proprio come cantano i nostri rivali storici…

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Ilaria Ciangola
Di Trento. O.S.S. in Pronto Soccorso. Tifosa e appassionata di calcio (italiano e internazionale), viaggi, Oasis e tutto ciò che è oltremanica.

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